Combattere il tumore della cervice uterina, al quarto posto per incidenza tra le neoplasie che colpiscono le donne, è possibile. Nella Giornata mondiale per l’eliminazione di questa patologia, ripercorriamo numeri, misure e progressi medici.
Venerdì 17 novembre è la Giornata Mondiale per l’eliminazione del cancro della cervice uterina. A volerla è stato l’Organizzazione Mondiale della Sanità che nel 2020 insieme alla European Cancer Organisation e all‘Europe’s Beating Cancer Plan della Commissione Europea ha lanciato una call to action per l’eliminazione di questa malattia che oggi è ancora una minaccia per le donne in età fertile. Attualmente infatti, è il quarto tumore più comune nelle donne a livello mondiale. Per eliminarlo, è scritto nella call to action, tutti i paesi devono raggiungere e mantenere un tasso di incidenza inferiore a 4 su 100.000 donne. Il raggiungimento di tale obiettivo si basa su tre pilastri chiave: vaccino anti-hpv, screening, terapie.
Vaccinazione: quando e per chi
Ogni anno, in Italia, si stimano circa 2400 nuove diagnosi di cancro della cervice uterina. Per abbattere i numeri, le armi ci sono. Innanzitutto, la vaccinazione anti-HPV per quanto riguarda la prevenzione primaria. La massima copertura si ha quando viene effettuata alle e ai dodicenni e comunque prima di ogni tipo di rapporto sessuale, preliminari compresi, perché in questa fase sono vicine allo zero le probabilità di “incontro” con uno degli oltre cento tipi del Papilloma, compresi quelli che aumentano il rischio di tumore della cervice uterina, oltre ad altre forme oncologiche. La vaccinazione prevede due dosi fino ai 15 anni di età a distanza di 6 mesi l’una dall’altra, mentre tre dosi dopo i 15 anni: una subito, l’altra dopo 2 mesi e l’ultima dopo 6 mesi dalla prima, per iniezione intramuscolo. E’ possibile sottoporsi alla vaccinazione fino ai 40 anni nel caso della donna sana, se lo desidera: in questo caso il costo è a carico di chi acquista. Sì anche alla prevenzione secondaria con lo screening attraverso il Pap test o il test HPV. Esami fondamentali per la diagnosi precoce. E qui gioca un ruolo anche la vaccinazione anti-HPV. Oggi ha un suo ruolo importante in caso di lesioni precancerose, cioè di quelle formazioni a carico della cervice uterina, che anticipano di molti anni il tumore vero e proprio.
Nuove terapie
Gli sforzi dei ricercatori oggi sono concentrati anche sulle terapie. Attualmente è previsto l’intervento chirurgico, la radioterapia associata alla chemioterapia per le forme localmente avanzate e la chemioterapia nelle forme metastatiche. Ma ci sono lavori scientifici che stanno aprendo nuove prospettive. Uno studio presentato all’ultimo congresso internazionale ESMO, apre finalmente nuove speranze. Dati alla mano, può cambiare lo standard di cura del tumore della cervice uterina localmente avanzato.
«I risultati dello studio mostrano che il trattamento a base di un regime immunoterapico riduce il rischio di progressione della malattia e di morte del 30% rispetto alla sola chemioradioterapia concomitante», spiega Domenica Lorusso, professore ordinario di Ginecologia e Ostetricia dell’Università Humanitas di Rozzano e coordinatrice dello studio. «Sono dati particolarmente rilevanti, soprattutto se si considera che per le pazienti di nuova diagnosi con tumore della cervice uterina localmente avanzato ad alto rischio non ci sono stati progressi delle opzioni terapeutiche per 20 anni».
Giornalista scientifica dal 1992, specializzata in comunicazione della salute con particolare attenzione all'oncologia. Esperienza pluriennale in campagne informative e divulgazione scientifica. Vincitrice del premio Giovanni Maria Pace nel 2019 per il giornalismo in ambito oncologico.