Il 20 settembre 2022 si celebra il World GO Day 2022, la IV Giornata Mondiale dei Tumori Ginecologici. Sono il tumore dell’endometrio, dell’ovaio, della cervice uterina, della vulva e della vagina che ogni anno colpiscono nel mondo 1.300.00 donne e circa 18.000 in Italia.
Sono i tumori più frequenti tra le donne ma sono anche quelli meno conosciuti e più sottovalutati dalle donne stesse. Per questo nel 2019 è nata la Giornata Mondiale dei Tumori Ginecologici, World GO Day, promossa da EnGAGE – il network europeo delle Associazioni Pazienti di tumori ginecologici. Obiettivo della Giornata: far conoscere alle donne quali sono queste neoplasie, come si prevengono e come si curano e ribadire quanto sia importante per ogni donna prendersi cura della propria salute. Con l’hashtag #GOforAnHealthyLifestyle, la giornata estenderà a tutte le donne l’invito ad adottare uno stile di vita sano.
Quest’anno, il World GO Day 2022 si apre con una bella notizia, che riguarda il tumore dell’ovaio. A Esmo, il congresso europeo di oncologia, che si è appena concluso, sono infatti stati presentati i dati di due studi che cambiano il destino di chi soffre di questa forma oncologica che ancora oggi viene diagnosticata nell’80% dei casi in forma avanzata, a causa dell’assenza di sintomi e della mancanza di efficaci strumenti di screening. Per questo, la ricerca si è concentrata in particolare sulla terapia, con risultati che oggi fanno ben sperare. In presenza di specifiche mutazioni genetiche, infatti, il tumore ovarico può essere trattato con una terapia mirata, olaparib, capostipite della classe dei PARP inibitori, in grado di tenere sotto controllo la malattia e di cambiare la pratica clinica.
A dimostrarlo sono due studi, PAOLA-1 e SOLO-1. «Nel primo, olaparib è stato utilizzato insieme a beacizumab, un farmaco antiangiogenico, per le pazienti positive al deficit di ricombinazione omologa (HRD)», interviene Domenica Lorusso, professore associato di Ostetricia e Ginecologia e responsabile Programmazione ricerca clinica della Fondazione Policlinico universitario A. Gemelli di Roma. «In questo caso, lo studio ha dimostrato che il 65,5%, delle pazienti HRD positive, trattate con olaparib in combinazione con bevacizumab, è vivo a cinque anni rispetto al 48,4% con bevacizumab da solo. Nel caso di SOLO-1, invece, olaparib è stato utilizzato in monoterapia con il 67% delle donne con mutazione BRCA vivo a sette anni rispetto al 47% con placebo. Sono dati importanti che ci permettono di affermare che oggi, per alcune pazienti con tumore ovarico avanzato, la guarigione è possibile».
Entrambi gli studi lanciano indirettamente un messaggio: l’importanza di sottoporre le donne ai test genetici, il primo passo per una terapia mirata. I dati dicono che circa la metà delle donne con carcinoma ovarico avanzato presenta tumori positivi al deficit di ricombinazione omologa (HRD), che comprende quelli con una mutazione BRCA, e una su cinque ha una mutazione BRCA.
Giornalista scientifica dal 1992, specializzata in comunicazione della salute con particolare attenzione all'oncologia. Esperienza pluriennale in campagne informative e divulgazione scientifica. Vincitrice del premio Giovanni Maria Pace nel 2019 per il giornalismo in ambito oncologico.