L’onda lunga del Covid: si potrebbe definire così la situazione che si è creata per quanto riguarda gli screening a causa della pandemia. Un problema mondiale e che è stato affrontato anche nel corso dell’ultimo congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO). A causa del sovraccarico nell’attività ospedaliera, si è verificato ad esempio un arresto degli esami diagnostici in caso di sospetto di neoplasia. E anche se per fortuna ora questa attività sta riprendendo, rimane una forte preoccupazione. Vediamo il caso del tumore del colon.
Il tumore del colon retto
Per quanto riguarda solo il tumore del colon retto, in Italia, secondo l’Osservatorio Nazionale Screening, a causa della pandemia potrebbe essersi accumulato un ritardo per 1.300 diagnosi di tumore del colon-retto e per oltre 7.400 adenomi avanzati, cioè quelle forme che nel tempo possono degenerare se non si interviene. A giocare un ruolo nei rallentamenti è anche il timore da parte delle persone a varcare la soglia di un Centro medico, per paura di un rischio di contagio. Eppure, per quanto riguarda lo screening per il tumore del colon retto, non è necessario recarsi in un ospedale.
L’esame delle feci
Lo screening in pratica
A partire dai 50 anni e ogni due anni fino ai 69, tutti ricevono una lettera che invita ad eseguire l’esame del sangue occulto nelle feci. Nella lettera è anche indicato dove recarsi: nella maggior parte delle Regioni il riferimento è la Asl di zona, tranne in nove Regioni (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Lazio, Umbria, Campania, Puglia e Sicilia) dove a gestire lo screening sono le farmacie. Qui, è il farmacista che si impegna a raccogliere le provette con il campione e a inviarle alla Asl per l’analisi. Sarà poi la Asl a inviare il referto.
L’esame è gratuito e non è necessaria la prescrizione del medico di famiglia.
Come si esegue?
Il kit per la raccolta delle feci va ritirato presso la Asl oppure la farmacia, a seconda della propria Regione. Contiene una provetta, un bastoncino e le istruzioni.
La raccolta è semplice. È sufficiente prelevare col bastoncino un campione delle proprie feci e inserirlo nella provetta. Chiudere bene e conservare in frigorifero fino alla consegna, che deve avvenire al massimo entro due giorni. Per evitare di inquinare il campione con detersivi o altro presenti nel water, è bene collocare all’interno del sanitario della pellicola trasparente che funge da “amaca”. Va detto anche che il giorno prima dell’analisi non è necessario seguire regole particolari.
A cosa serve?
Grazie al test, è possibile verificare la presenza di sangue nelle feci, anche quando è in piccolissime tracce e quindi non visibili a occhio nudo. Questo accade mediamente per cinque persone, ogni 100 che eseguono l’esame.
Attenzione: se il test è positivo, potrebbe voler dire che è presente un adenoma, cioè piccole formazioni benigne che per l’appunto sanguinano, oppure emorroidi, o lesioni microscopiche causate dalla stitichezza. Per confermare la diagnosi dunque è necessario sottoporsi a una colonscopia: in caso di adenomi, questi vengono rimossi nella stessa seduta, a tutto vantaggio della prevenzione del tumore del colon-retto.
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Giornalista scientifica dal 1992, specializzata in comunicazione della salute con particolare attenzione all'oncologia. Esperienza pluriennale in campagne informative e divulgazione scientifica. Vincitrice del premio Giovanni Maria Pace nel 2019 per il giornalismo in ambito oncologico.