Nella Giornata dedicata al tumore della cervice uterina, Domenica Lorusso fa il punto sulla battaglia contro un tumore che si può azzerare con il pap-test e con il vaccino. Eppure colpisce ancora le donne.
Il 17 novembre 2024 ricorre il quarto anniversario del movimento globale per l’eliminazione del cancro cervicale. È una strategia globale che coinvolge tutte le Nazioni, Italia compresa. L’Organizzazione Mondiale della Sanità si era data tre obiettivi entro il 2030 per l’eradicazione di questa forma oncologica basandosi sulla regola del 90-70-90. In pratica, il 90% delle ragazze vaccinate contro l’HPV entro i 15 anni di età, il 70% delle donne sottoposte a screening entro i 35 anni di età e di nuovo entro i 45 anni di età, il 90% delle donne trattate in caso di malattia.
Ci siamo? Non del tutto, e questo anche in Italia.
La vaccinazione anti-papilloma virus protegge dal rischio di carcinoma uterino. L’infezione da Papillomavirus umano (HPV, Human Papilloma Virus) è la più frequente sessualmente trasmessa ed è stata classificata come il secondo agente patogeno responsabile di cancro nel mondo: può causare i tumori di cervice uterina, vagina, vulva, oltre a quelli al pene per quanto riguarda i maschi, e per entrambi i sessi, l’ano, cavità orale, faringe e laringe.
«L’immunità indotta dal vaccino è massima quando non c’è stato ancora alcun contatto con il virus. Per questo, viene consigliato a ragazze e ragazzi entro i 12 anni di età», sottolinea Domenica Lorusso, Professore Ordinario di Ostetricia e Ginecologia alla Humanitas University e Direttore del Programma di Ginecologia Oncologica Humanitas San Pio X di Milano. «Il vaccino che usiamo oggi contiene 9 ceppi vaccinali, ma gli studi ci hanno dimostrato che ha una capacità di protezione ampia perché i virus sono imparentati tra loro. Questo significa che vaccinarsi contro il virus 16 ad esempio dà automaticamente una protezione contro il 45, contro il 63, contro tutta la sua famiglia. Oggi inoltre abbiamo i risultati sulle prime ragazze vaccinate e i dati ci dicono che a distanza di 15 anni dall’inoculazione, gli anticorpi sono ancora presenti, e garantiscono la medesima efficacia di quando è stato effettuato 15 anni prima».
Vaccino e protezione
Nonostante queste informazioni estremamente positive, il tasso vaccinale in Italia, con delle differenze nord-sud, non supera mediamente il 45%. «Qui dobbiamo tutti fare un “mea culpa”, perché abbiamo sbagliato la comunicazione», aggiunge la professoressa Lorusso. «Abbiamo raccontato che il vaccino preveniva una infezione sessualmente trasmessa e lo abbiamo fatto alle bambine di 12 anni e alle loro famiglie. Ora stiamo cominciando a parlare alle donne più adulte, 25-26 anni, quindi più padrone della propria sessualità, e ne parliamo nei termini giusti, come di un vaccino che previene il cancro. Certo, in questa fascia di età garantisce una protezione minore, perché hanno già iniziato ad avere una vita sessuale e verosimilmente contatti con il virus, ma è sicuramente meglio rispetto a nessuna protezione».
Esami disponibili
Il vaccino dunque punta a non avere più diagnosi di tumore della cervice, la cosiddetta prevenzione primaria. La prevenzione secondaria, invece, si basa sull’HPV test e sul PAP test e punta all’anticipo diagnostico. «Insieme, questi due esami sono un team straordinario ai fini della diagnosi precoce», continua la professoressa Lorusso. «anche qui, va potenziata la comunicazione e soprattutto, bisogna capire perché le donne non si sottopongono a questi test. Andrebbe fatta un’indagine mirata, anche perché nelle regioni del nord, siamo intorno al 75-80% di adesione, mentre al sud siamo intorno al 35-40%». Il Pap test individua anomalie cellulari o displasie, che potrebbero indicare la presenza di una lesione precancerosa o di cancro cervicale in fase iniziale. Viene raccomandato a partire dai 25 anni, da ripetere ogni 3-5 anni, in base all’età e ai risultati precedenti. L’HPV test invece, rileva la presenza di ceppi di HPV ad alto rischio, che possono nel tempo provocare il cancro della cervice. Viene consigliato per le donne a partire dai 30 anni. Se il risultato del primo HPV test è negativo, significa che il rischio di sviluppare un cancro cervicale negli anni successivi è molto basso e l’esame può essere quindi ripetuto ogni 5 anni.
Terapie e ricerca
In caso di diagnosi, oggi ci sono a disposizione diverse terapie, anche per i casi più avanzati. «Il tumore localmente avanzato di nuova diagnosi per 25 anni è stato trattato con la chemio e la radioterapia concomitante», dice la professoressa Lorusso. «Grazie ai risultati di uno studio italiano, oggi a questa associazione viene aggiunta l’immunoterapia. La combinazione ha dimostrato di aumentare non solo la sopravvivenza libera da progressione, ma proprio la sopravvivenza e quindi di guarire circa il 10% in più di pazienti, che è tantissimo». L’altro aspetto positivo riguarda la radioterapia che oggi non ha più nulla a che vedere con quella di un tempo. Si usano nuove tecniche chiamate conformazionali e guidate dalle immagini, che permettono di irradiare solo la massa tumorale, con un campo di applicazione che viene ridisegnato man mano che il tumore si riduce. I vantaggi? Una maggiore efficacia sulle cellule tumorali e una minore tossicità a carico degli altri organi che vengono risparmiati dalla radioterapia. «Sono felice di questi risultati», conclude Lorusso. «il nostro obiettivo principale però rimane sempre uno solo, azzerare il tumore della cervice uterina, e le armi per la prevenzione primaria e secondaria non mancano».