Non sempre le notizie sono negative, quando si parla di tumore. Ne è un esempio il tumore del colon-retto. Nel 2013 per questa forma tumorale era stato registrato un vero e proprio picco, con numeri mai visti fino a quel momento: 54.000 nuove diagnosi in totale per entrambi i sessi. Dati allarmanti, con previsioni catastrofiche che non si sono avverate. Si è assistito, al contrario, a un calo nelle diagnosi del 20%, com’è stato registrato nero su bianco, su “I numeri del cancro 2020” a cura di AIOM, Associazione Italiana Oncologi Medici.
Fortuna? Destino? No. «Le campagne informative hanno migliorato la consapevolezza sul tumore del colon retto, sulla prevenzione e sull’importanza dei controlli», interviene Maurizio Cosimelli, Direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Colon-Retto dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (INT). «Sono stati fatti anche importanti passi avanti per quanto riguarda la terapia, tanto che oggi la stomia, cioè la realizzazione di un ano artificiale per raccogliere le feci con presidi appositi, per i tumori del retto non è quasi più un passo obbligato come un tempo». Ripassiamo quindi innanzitutto insieme le giuste mosse per mandare ko questa forma oncologica. Con una raccomandazione. In caso di malattie come Crohn e rettocolite ulcerosa, oppure di precedenti in famiglia, è sempre meglio parlarne col proprio medico, per decidere eventualmente un calendario di controlli personalizzato.
Alimentazione bilanciata
La regola da seguire è semplice. Aumentare il consumo di frutta e di verdura, di carboidrati integrali e di legumi e diminuire quella di carne rossa e insaccati. E no all’eccesso di bevande alcoliche.
Più attività fisica
Il movimento è spesso ignorato, eppure è fondamentale per contrastare il tumore del colon-retto, come la maggior parte delle forme tumorali. E non ci vuole un grande sforzo. Per chi è sedentario, i benefici sono visibili con una camminata a passo svelto tutti i giorni per 20 minuti e preferendo le scale all’ascensore. In questo modo, si perde anche il peso corporeo in eccesso, altro importante fattore di rischio.
Controlli regolari
«A partire dai 50 anni, ogni due anni va eseguita l’analisi per la ricerca del sangue occulto nelle feci», sottolinea il professor Cosimelli. I dati dicono che questo test risulta positivo in 5 casi su 100 ma attenzione: non segnala la presenza di un tumore, ma quella generica di tracce di sangue. Per conoscerne la ragione, va eseguita la colonscopia. Questo esame esplora l’intestino grazie a un tubicino munito di telecamera e in questo modo permette di individuare l’eventuale presenza di polipi, e di asportarli nella stessa seduta. «È un esame indubbiamente faticoso dal punto di vista psicologico, ma che può salvare la vita», dice il professor Cosimelli. «I polipi, per chi non lo sapesse, sono piccole escrescenze della mucosa intestinale che possono degenerare in lesioni precancerose e portare allo sviluppo della neoplasia».
La diagnosi
La diagnosi di tumore porta sempre con sé un bagaglio di ansie, di preoccupazioni e la sensazione di essere entrati in un tunnel senza uscita. «Il paziente deve sentirsi in un certo senso accudito, questo sempre e soprattutto all’inizio, quando si è frastornati a causa della diagnosi», continua il professor Cosimelli. «Per questo, abbiamo creato un ambulatorio multidisciplinare, composto dal chirurgo, dall’oncologo, dal radioterapista e man mano, dalle diverse figure che intervengono nel percorso di cura. È importante perché così, il paziente incontra in una mattinata i medici senza la necessità di dover tornare più volte. Inoltre, il team in questo modo lavora in sinergia. Il tumor board, come viene chiamato, si riunisce una volta alla settimana e attraverso la discussione dei diversi casi, definisce il programma terapeutico, personalizzandolo in base al singolo paziente».
Le innovazioni che aiutano
La chirurgia è sempre necessaria, ma grazie ai progressi nel campo della ricerca, oggi è sempre più conservativa, a vantaggio della qualità di vita del paziente. «Oggi per quanto riguarda il tumore del retto, riusciamo a sottoporre a un trattamento laparoscopico conservativo oltre 7 pazienti su 10», sottolinea il professor Cosimelli. «Ma contiamo di arrivare nel breve termine a 9 pazienti su 10». Per ritagliare una terapia su misura oggi le forze in campo sono molte e provengono da ambiti inaspettati. «Abbiamo in corso un progetto di Radiomica col Politecnico di Milano, con l’obiettivo proprio di garantire terapie sempre più “su misura”», specifica il professor Cosimelli. «In parole semplici, le immagini della risonanza magnetica del paziente vengono trasformate in numeri da incrociare coi dati relativi alle alterazioni molecolari della forma tumorale. Quello che otteniamo è un modello matematico, utile per mettere a fuoco il profilo di rischio del singolo tumore. Non è poco. Riusciamo a modulare i diversi trattamenti e a intensificarli se necessario, giocando d’anticipo, con l’obiettivo di aumentare le possibilità di guarigione anche nei casi più critici».
Photo Credit: Kjpargeter
Giornalista scientifica dal 1992, specializzata in comunicazione della salute con particolare attenzione all'oncologia. Esperienza pluriennale in campagne informative e divulgazione scientifica. Vincitrice del premio Giovanni Maria Pace nel 2019 per il giornalismo in ambito oncologico.