Elisabetta Galvani è volontaria a LILT da sette anni. Al momento si trova in atrio accoglienza all’Istituto Tumori, dove anche un semplice gesto può significare molto per qualcun altro.
Chi entra in ospedale, specie se per la prima volta, apprezza trovare qualcuno che lo accolga con il sorriso, pronto a indicare dove andare. Elisabetta Galvani ora si occupa di questo (per LILT ha svolto anche altre tipologie di volontariato) nell’atrio dell’Istituto Tumori di Milano dove accoglie “pazienti, parenti e accompagnatori”, ci racconta.
Cosa fa Elisabetta nell’atrio
“Guido le persone in qualsiasi cosa abbiano bisogno. A volte non si tratta di indicare dove devono andare, serve anche una parola di conforto o essere accolti. Quando mi capita di accompagnare qualcuno per una visita, mi succede anche di tirare su il morale a chi è spaventato”.
Gesti semplici, che però vengono apprezzati dalle persone che la volontaria riceve. “Capita quasi sempre che quando le persone tornano in ospedale, vengono a cercarmi per ringraziarmi. Tutto sommato ho fatto poco ma loro tornano con un grande sorriso che mi fa capire come questa piccola coccola per loro sia importantissima perché ha reso più lieve la sofferenza in ospedale”.
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Perché diventare volontario
Se dovesse indicare un solo motivo per convincere qualcuno a provare l’esperienza del volontariato, Elisabetta sceglierebbe la reciprocità perché “aiutare è qualcosa che si fa per gli altri ma si riceve indietro tantissimo di più”. Anche quando si allontana dall’ospedale perché ha finito il suo turno, Elisabetta è “proprio felice”.
Se dovesse trovare una difficoltà che può comportare il volontariato, Elisabetta direbbe “la costanza della presenza nel tempo” perché “siamo un punto fermo in atrio per chi arriva”.