Simona Tropeano, paziente LILT ci racconta la sua esperienza negli Spazi LILT e di come la prevenzione le abbia salvato la vita.
«A volte basta una telefonata, per smettere di sentirsi soli». È anche grazie a una voce al di là della cornetta, infatti, che la strada di Simona ha incrociato quella di LILT, cambiando rapidamente orizzonte.
«Tutto è iniziato nel 2019: quello che pensavo fosse un brufolo sulla gamba era in realtà un carcinoma», racconta Simona. «Ammetto di aver sottovalutato il problema. Ogni volta che guardavo quel “brufolo”, rimandavo: mi sembrava una cosa così banale e inoffensiva…».
Ma questa è una storia di interventi salvifici: «Prima quello della mia dottoressa, che mi ha spinto a farmi controllare immediatamente da un dermatologo. Poi quello di mia sorella, che, dopo la diagnosi, mi ha incoraggiato a contattare LILT: “Sono molto bravi, ti seguiranno loro”, mi ha detto. Io mi sono fidata. E ho fatto proprio bene».
Quando le viene da dire, spontaneamente, che la sua è stata «una bella esperienza», Simona sorride. «Intendo dire che, dopo il consiglio di mia sorella, ho scoperto un bell’ambiente e ho incontrato persone stupende. Ho capito che sarei stata accudita fin dalla prima conversazione telefonica». A risponderle per conto di LILT, ricorda, è stata Teresa: «Una voce amica, anche se non l’avevo mai vista. Sembra poco, ma sentirsi ascoltate dà tanta forza: tanto più se chi ti ascolta ha le risposte giuste, le parole che tu non trovi».
Quelle parole, continua Simona, sono state una guida dolce verso una nuova fase della sua vita. «Sono arrivata alla LILT di Sesto San Giovanni, e sono stata coccolata da tutti – medici, infermieri, volontari… – in ogni fase del percorso di cura, dalla prima visita fino all’asportazione del carcinoma. E lo sono tuttora, quando vengo a fare le visite di controllo. Le voci amiche di LILT non sono scomparse».
Simona vuole che la sua testimonianza sia da sprone a non trascurarsi. «Entrambi i miei genitori sono stati malati oncologici, e mio padre purtroppo non c’è più. La malattia, per me, era quindi un timore costante, eppure ho rischiato di sottovalutare troppo a lungo i miei sospetti. A salvarmi sono stati stato il dialogo e la prevenzione. Oggi, per me, LILT è entrambe le cose».