Sono curiosa, di natura. Sperimento di persona il nuovo. Anche il cancro: è stata un’esperienza che mi ha fatto crescere, visto che, all’oggi, sono ancora viva anche se era cattivo, ma io più di lui. Frequentando l’Istituto dei Tumori di Milano per anni, nelle attese delle visite ed esami, girovagavo per i corridoi; lavori sempre in corso, spostamento delle sale… pensando di essere vicino alla radiologia, scendendo le scale, mi sono imbattuta nel cartello ARTLAB. Chissà cos’è.
Troppo da fare, troppo da pensare, troppo da guarire, ci avrei pensato. Ho impiegato tre quarti della mia vita a sopravvivere, lentamente ho incominciato a vivere, a ricordarmi che ci sono anch’io tra gli altri a cui mi dedico. L’attenzione a me, gratificarmi per ciò che posso e dono sono atti che si costruiscono nel tempo, sulla pelle graffiata, arrancando su salite impervie, guadando pantani, strisciando pur di andare avanti anche se non sai il perchè. I frutti maturano nella giusta stagione, quando le condizioni sono propizie; la primavera del mio autunno mi ha riportato in fondo alle scale, a quelle dove, anni prima, davanti al cartello ARTLAB avevo troppo da fare, troppo da pensare, troppo da guarire. Ero pronta al percorso, pronta a lasciarmi andare, ad essere accolta, coccolata, sostenuta, condivisa: mi sono tuffata in acque chiare, dolci, fresche e sto ancora nuotando.