Ho scoperto di avere un tumore al seno a febbraio 2015. È stato scioccante. Venivo dalla storia pregressa di mia madre a cui era stato diagnosticato un tumore al seno nel 1993. Ho vissuto tutto il suo percorso, le operazioni, le visite e i controlli. Quindi anche io ero costantemente monitorata. Una sera ho sentito qualcosa di duro. Diagnosi: tumore al seno di tipo ormonale, nel giro di due settimane sono stata operata. Data la mia storia e l’età (48 anni al momento della diagnosi), il senologo ha optato per una mastectomia bilaterale pensando che potesse essere genetico. E in effetti ho la mutazione genetica. Anche se difficile da accettare all’inizio perché avevo il cancro a un solo seno, è stata comunque una buona scelta. Dopo 6 mesi di chemioterapia, 25 applicazioni di radioterapia, nel marzo 2016 hanno asportato le ovaie e l’utero a causa della mutazione BRCA-2. Nel 2017 ho fatto la rimozione dell’espansore e l’impianto definitivo delle protesi.
Mi sono sentita in colpa. Ma cosa ho fatto? Non bevo, non fumo, faccio sport e sono sempre stata attenta all’alimentazione. Ma allora cosa ho sbagliato?
All’inizio non volevo accettarlo e non volevo condividerlo con nessuno. Pensavo che non dicendolo sarebbe sparito. In più è molto difficile comunicare una notizia del genere ad amici e parenti. Mi sentivo preoccupata per gli altri. Ho saputo dirlo solo quando riuscivo ad incoraggiare gli altri. Riesci a comunicarlo quando tu sei in grado di rassicurare le altre persone.
La prima cosa che mi ha dato conforto: le mie amiche che ci sono già passate. Per esempio, ero terrorizzata all’idea di perdere i capelli, sia perché li ho portati sempre lunghi sia perché è un simbolo della malattia. Non sapevo dove andare a prendere la parrucca. Chi ci passa può dare delle informazioni reali, ecco perché poi mi sono dedicata al volontariato. È importante dare dati e statistiche: più dell’80% delle donne con tumore al seno guariscono. Ci deve essere speranza. L’accettazione ci può essere se c’è una rete di supporto intorno.
Quello che è importante dire è che chi subisce questi interventi non deve immaginarsi che sia come andare da un plastico per rifarsi il seno a livello estetico. Le aspettative e gli effetti collaterali sono ben diversi. Ad esempio, che la pelle, per via della radioterapia, non è più così elastica e rischia di attaccarsi alle protesi. Senza essere brutali ma bisogna essere realisti, si prova un gran bisogno di informazioni. Alla fine si tratta di una mutilazione di una parte molto importante del corpo femminile. Le donne spesso sottovalutano questo aspetto, perché pensano giustamente a come guarire. Ma quando si guarisce gli aspetti e le aspettative estetiche ripiombano.
Un ruolo decisivo ce l’hanno diagnosi e prognosi. Inoltre avere un team di medici oncologi, senologi e psicologi che mi seguiva in modo armonico, mi ha fatto sentire più sicura e mi ha incoraggiato ad affrontare la malattia. Mi sono affidata molto a loro. Per questo dico a tutte le donne di farsi curare in un luogo in cui non ci si sente un numero ma una persona.
Il cancro mi ha cambiato molto, ma se posso essere d’aiuto sono felice. Alla fine mi piace molto questa mia nuova vita dopo il cancro.