Il 28 luglio si celebra come ogni anno la giornata mondiale dell’Epatite, un’iniziativa fortemente voluta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per ricordare a tutti l’impatto di queste malattie sulla salute e cosa si può fare in termini di prevenzione, di diagnosi precoce e di terapie. La scelta di questa data non è avvenuta a caso. È infatti il compleanno di Baruch Blumberg, lo scienziato vincitore del premio Nobel che ha scoperto il virus dell’epatite B e ha sviluppato un test diagnostico e un vaccino per il virus.
Il mondo unito da un progetto
L’obiettivo primario dell’OMS, ribadito più volte anche negli anni scorsi, è di raggiungere l’eliminazione dell’epatite entro il 2030. Per farlo invita tutte le Nazioni a ridurre del 90% le nuove infezioni di epatite B e C, e del 65% i decessi per cirrosi epatica e cancro, che sono correlati all’epatite. Inoltre, chiede di garantire che venga diagnosticato almeno il 90% dei casi di epatite B e C e che almeno l’80% dei pazienti riceva un trattamento adeguato.
Epatite, gli obiettivi italiani
Un invito, questo, rivolto anche all’Italia. Nel nostro Paese le priorità oggi riguardano in particolare le epatiti B, C e Delta, che tutt’ora costituiscono una minaccia per la salute pubblica. Possono rimanere a lungo latenti, ma, quando cronicizzano, provocano complicanze nel tempo anche fatali come cirrosi ed epatocarcinoma.
Per l’epatite B, in Italia la vaccinazione obbligatoria alla nascita è stata introdotta nel 1991. Grazie al vaccino, il virus è quasi assente nella popolazione under 40. Ma non è ancora sufficiente. È infatti ancora presente in altre fasce anagrafiche e in chi arriva da Paesi dove la vaccinazione non è obbligatoria. Per questo, è necessaria una campagna di prevenzione ad hoc, mirata proprio al prezioso valore di copertura fornito dal vaccino.
Per l’epatite C, invece, è necessaria un’accelerazione delle regioni nei programmi di screening. “È fondamentale”, sottolinea Claudio Mastroianni, presidente SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali). “Anche perché la terapia, oltre a curare il paziente, diventa anche un importante mezzo di prevenzione per bloccare la trasmissione del virus”. Inoltre, grazie ai nuovi farmaci antivirali ad azione diretta, l’epatite C si può sradicare definitivamente, in tempi rapidi e senza effetti collaterali.
Infine, ci sono notizie positive per l’epatite Delta. Innanzitutto, chi è vaccinato per la B è coperto anche per quest’altra forma. E per chi non è vaccinato e contrae l’infezione, oggi è pronto un nuovo antivirale. I ricercatori continuano anche a lavorare intensamente per quanto riguarda le terapie per la E e per comprendere la causa delle infezioni da epatite acuta inspiegabili che colpiscono i bambini. E che non sembrano appartenere a nessuno dei cinque tipi noti di virus dell’epatite, cioè A, B, C, D ed E.
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Giornalista scientifica dal 1992, specializzata in comunicazione della salute con particolare attenzione all'oncologia. Esperienza pluriennale in campagne informative e divulgazione scientifica. Vincitrice del premio Giovanni Maria Pace nel 2019 per il giornalismo in ambito oncologico.