In questo episodio Concita De Gregorio, dopo una vita esplorata e vissuta a pieno, confessa che il desiderio è un’esperienza interrotta con la diagnosi di tumore. Tra le pieghe della sua inconfondibile e straordinaria voce, emoziona il rapporto con i figli, quello con i suoi maestri e la storia incredibile vissuta con il chirurgo che l’ha operata.
Quando Concita De Gregorio, giornalista, editorialista di Repubblica, già alla guida de L’Unità, ma anche conduttrice in tv e in radio, parla di “direzione”, ti aspetti che si riferisca alle sua
esperienze ai vertici dei grandi media nazionali.
Ma presto ti accorgi di essere fuori rotta. La “direzione” di cui parla Concita, con la stessa misurata esattezza con cui compone i suoi editoriali, è quella su cui l’ha portata una doppia esperienza di tumore. Uno “più semplice, quasi un incidente di percorso”, minimizza, vissuto più di 15 anni fa e risolto con un’asportazione chirurgica; il secondo scoperto in uno stadio piuttosto avanzato, e quindi più complesso. “Avevo 58 anni, un’età nella quale anche il rapporto con il mio corpo stava cambiando, e questa scoperta è stata un cambio di rotta, di direzione, importante. Mi ha costretto a riguardare i passi che avevo fatto
fino ad allora, come quando cammini sulla neve e ti volti a guardare la scia di impronte che hai lasciato”.
L’11esima puntata del podcast
Concita è protagonista dell’11esima puntata di Tre desideri, il nostro podcast – realizzato con Chora
Media – che racconta le storie di persone-personaggi che hanno attraversato l’esperienza di un tumore e la remissione della malattia.
Di chi è la colpa?
“Mi sentivo in colpa perché, durante i due anni del Covid, non mi ero sottoposta ai controlli periodici, e da lì ho cominciato a riflettere su di me in maniera profonda. Le circostanze della vita mi hanno portata a stare moltissimo da sola, e così ho pensato che magari se ci fosse stato qualcuno al mio fianco forse se ne sarebbe accorto…. Invece non c’era nessuno in quel momento, e quindi ho fatto quello che io faccio sempre, la mia specialità olimpica, cioè sentirmi la responsabile di tutto quel che accade ed sentirmi io quella che ha sbagliato”, dice.
Un’elaborazione introspettiva che si trasforma in consapevolezza, e poi in azione: “Anche per questo io da allora faccio tantissima “campagna personale” per spiegare l’importanza della prevenzione, sui miei social, nelle mie relazioni di lavoro”.
Come un treno in corsa
I cambi di direzione che la malattia ha imposto a Concita sono letti, da lei, anche nella prospettiva più larga di una vita che è, di per sé, un percorso di cambiamento. “Al primo incontro con la malattia avevo 40 anni, stavo attraversando un momento professionale fantastico, i miei figli erano ancora piccoli ma cominciavano a essere un po’ autonomi, la mia vita era un treno in corsa e avevo un’età nella quale pensi che tutto possa ancora succedere, che il futuro sia tutto da conquistare. Quando nel 2021 la malattia si è ripresentata ero in una prospettiva di vita diversa. I figli escono di casa e seguono le loro strade, gli affetti si affievoliscono, la carriera non è più una spinta determinante. Ci si sente più deboli, ed è questa sensazione di debolezza che cambia l’approccio con la malattia, che ti costringe a fare i conti con la paura”.
Vivere di desiderio
Ma se da un lato i conti si fanno con la paura, quando si arriva a questi momenti di discrimine
esistenziale c’è anche un’altra misura da considerare, quella del desiderio. Perché anche il desiderio chiama a dei cambi di direzione, muove su strade che possono essere inaspettate.
“Nella mia vita ho desiderato tanto. Ho vissuto di desiderio”, dice Concita. “Ho fatto solo quello che desideravo fare, sempre, il desiderio è stato sempre l’unico motore nella vita, sempre, in maniera totalmente punk, anarchica. Ho cambiato lavoro ogni due anni, ho cambiato relazioni, inseguendo il desiderio ho lasciato e trascurato cose che avrei dovuto coltivare. Ma la mia natura è questa.La cosa strana è che in questa fase della vita il mio desiderio si è trasferito sugli altri, sui miei figli. Desidero che i loro desideri si avverino, che siano felici, che siano realizzati, che stiano con persone che li rendono sereni. Che sappiano anche loro seguire la loro direzione”.