Saper distinguere il nome dal numero e particolareggiare ogni intervento. Dare importanza alla parola e saper rispondere “Eccomi!” al dolore e al bisogno dell’altro. Così, la cura si fa umana.
In occasione del World Cancer Day 2023, lo psicoanalista e scrittore ha riempito il Teatro Manzoni di Monza con la Lectio Magistralis sul tema “La cura umana”.
“C’è cura ogni volta che non dimentichiamo la differenza che separa il corpo dal numero. Cura chi non fa del nome un numero” (…). “Farsi presente è la cura che dissolve l’angoscia. Noi dobbiamo saper offrire la nostra presenza”.
Per celebrare il World Cancer Day 2023, giovedì 2 febbraio lo psicoanalista e scrittore Massimo Recalcati ha donato alla Lega Italiana per la lotta contro i tumori una Lectio Magistralis sul tema della cura umana in una serata al Teatro Manzoni di Monza, esaurito nella sua capienza da una fortissima risposta di pubblico.
A introdurre la serata è stata la vicepresidente dell’Associazione, Maria Bonfanti che ha annunciato l’avvio a Casa LILT dei servizi di assistenza per i malati e del supporto psiconcologico. Sul palco anche il sindaco di Monza, Paolo Pilotto che ha ricordato come la parola cura sia un termine potente, che coinvolge tutti: “Cura è l’effetto di un legame. Una parola molto più ampia di quella che si lega alla salute, un senso di auto-mutuo-aiuto dove anche le istituzioni giocano una parte fondamentale”.
“L’avere cura è non dimenticarsi il nome proprio“
Recalcati ha indicato proprio la cura come forma primaria di legame. A condurre la cura è lo sguardo alla singolarità. “L’avere cura è non dimenticarsi il nome proprio. C’è incuria quando non uniamo il nome al numero – ha evidenziato Recalcati -. La cura va sempre particolareggiata. I protocolli standard ci sono ma non ci deve essere la loro applicazione anonima: bisogna rendere sensibile il protocollo all’incontro col paziente, altrimenti la cura può rivelarsi disumana”.
Quando la cura è umana
Quando allora c’è cura umana? “C’è cura ogni volta che non dimentichiamo la differenza che separa il corpo dal numero. Cura chi non fa del nome un numero”.
Lo psicoanalista ha poi ricordato quanto accaduto con la pandemia. “Ci hanno fornito una valanga di numeri ma in questa sovrabbondanza di grafici e dati ci siamo dimenticati che dietro c’erano persone e volti. Questo accade anche nei trattamenti sanitari. La ricerca in medicina deve necessariamente produrre numeri ma la cura ha l’esigenza di ricordare che il numero non esaurisce l’esperienza del nome”.
La maternità ci mostra quell’attenzione al singolo, così necessaria.
Il codice materno mostra la cura
La parola e l’ascolto sono strumenti di cura. Recalcati lo ha ribadito, ricordando il ruolo della sua professione. “La parola è segno di amore ed è prima di ogni cosa il luogo della cura. Rimanevo stupito all’inizio della mia professione per il fatto di ricevere un compenso per non fare niente, per stare seduto davanti a chi mi parlava. Poi ho compreso il valore dell’offrire ascolto, perché il silenzio dà valore la parola dell’altro”.
Ed infine Recalcati ha rimarcato un imperativo importante. “Eccomi!” è la capacità di donare la propria presenza come forma di cura.
E davanti all’inguaribile? Cosa si può fare? “La cura umana continua al di là della terapia: le cure palliative ne sono la testimonianza. Cura è dove qualcuno resta dove tutti scompaiono: c’è chi resta e fa proseguire la cura oltre la terapia”.
L’evento è stato patrocinato dal Comune di Monza e sostenuto da Fondazione Roche e Mar.Ga Contract.