Protagonista della nona puntata del podcast Tre Desideri è Giulia de Simone, in arte Susina Pelata. Che durante il ricovero per i trattamenti ha fatto di una storia di amicizia un fenomeno social capace di rompere la barriera dell’ “indicibile”.
Nell’epoca del politically correct, è un nome che si fa notare. Susine Pelate. Un nome che può creare ancora più smottamenti quando poi si scopre che le “susine pelate” del profilo Instagram da 30mila follower sono un team affiatato di ragazze e donne che hanno messo in piazza – nella piazza virtuale dei social – con forma ironica e motivazione tremendamente seria la loro esperienza di malattia oncologica, di avventura e lotta attraverso i sentieri stretti e complessi della cura, lo shock della diagnosi, il dolore e la delicatezza di comunicare il dramma alla famiglia, accompagnare i figli ancora piccoli a capire perché la loro mamma da un giorno all’altro comunica a perdere capelli, a essere debole, ad avere la testa liscia e morbida come una… susina pelata. Una cosa che “non sta bene dire”, che quando la vedi in genere ti giri dall’altra parte, imbarazzato. E invece eccola qui: questa cosa indicibile diventa un brand, una cosa che fa sorridere e riflettere e partecipare.
La protagonista della nona puntata
Giulia De Simone, 34 anni, di Trento, maestra d’asilo e mamma di due bimbi, è la “susina” protagonista della nona puntata di Tre Desideri, il podcast di LILT – realizzato con Chora Media – che racconta le storie di persone-personaggi che hanno attraversato l’esperienza di un tumore e la remissione della malattia.
Anche per lei, come per tante voci di protagonisti del podcast, la malattia compare nella routine di vita come un fulmine a ciel sereno. Una tumefazione che compare sulla mano destra, un viaggio a Milano per un controllo “di sicurezza” all’Istituto dei Tumori, e dopo due giorni la diagnosi e la chiamata per tornare subito in ospedale e iniziare il ciclo di trattamenti.
Sola nel bunker
“Era l’agosto 2020, in piena seconda ondata Covid. La città deserta, l’ospedale un bunker blindato, nessuno poteva accompagnarmi all’interno, e io ero spaventata, terrorizzata, non sapevo che cosa sarebbe successo”, racconta Giulia, tornando a un passato recente che è ancora vivissimo nella sua voce e nei suoi occhi.
Tutto è nato con un “ciao”
Ed è proprio lì dentro, in quel bunker dove torna ogni 21 giorni per ricoveri e trattamenti di una settimana, che maturano le susine.
”Per non precipitare nel fondo della solitudine, ho sentito questo forte bisogno di creare una relazione, di avere dei legami: non riuscivo a pensare di stare tutto quel tempo della mia vita da sola. Sono sempre stata una gran chiacchierona, mi è sempre piaciuto ascoltare, raccontare. Erano quelli i miei strumenti per carecare una salvezza. Ricordo la data, era il 18 di agosto, e ho iniziato a passeggiare per i corridoi dell’ospedale. Sono passata davanti a una stanza e ho visto all’interno una ragazza che in quel momento poteva essere la persona più vicina a me di età. E ho detto: ok, lei è la persona giusta. Le ho detto “ciao”, lei stava facendo la terapia, e da lì è scattato tutto. Si chiamava Ilaria, ora non c’è più, ma questa storia non esisterebbe se non ci fosse stato quel suo “ciao” con cui mi ha accolto”.
La tv e le gambe che non reggono
Giulia e Ilaria chiacchierano, coinvolgono altre pazienti, medici, infermieri. “In poche ore, giorni, è nata un’amicizia forte con altre tre ragazze ricoverate, facevamo le ore piccole , e proprio in una notte di chiacchierate e anche risate è nata l’idea di aprire una pagina Instagram insieme, alla quale tutte noi avessimo accesso e potessimo postare la storia di quel che ci stava accadendo. Incredibilmente, nel giro di tre giorni, il profilo ha raggiunto 30.000 persone, anche molte persone famose, il profilo si fa notare, cominciano a chiamarci i giornalisti, a volerci ospiti in tv, noi che dopo il trattamento manco riuscivamo a reggerci in piedi…”.
Qualcosa da donare
Il resto, è storia, anzi, è stories. Giulia, dopo che il trattamento ha ridotto il tumore ha potuto operarsi, e tornare a una vita (quasi) normale. Altre susine non ci sono più. Per tutte l’esperienza è stata una svolta fondamentale per la vita, non solo per la vita di malattia.
“Io grazie alle Susine pelate, alla relazione con loro e a questa amicizia, ho capito davvero che nasciamo da soli, ma il nostro destino è stare uniti per volerci bene, per fare alleanza. Ho capito che ognuno di noi ha qualcosa che può donare, che può donarci, e grazie a questo sapersi donare tutto può diventare più semplice, più leggero. L’amicizia con le Susine ha trasformato qualcosa di catastrofico in qualcosa di salvifico. In maniera pura e leggera”.
Grazie
L’episodio del podcast Tre Desideri con Giulia De Simone è stato realizzato grazie al sostegno di Roche e FujiFilm.