Protagonista dell’ottava puntata del podcast Tre Desideri è la manager Simona Maggini. Che in un momento di crescita professionale entusiasmante deve fare i conti con un imprevisto che ha cambiato le regole.
La traiettoria che aveva in testa Simona, protagonista del podcast Tre desideri, era netta, ed entusiasmante. Milano, poi Vienna e ora, dopo un anno o giù di lì nella capitale austriaca, un nuovo balzo in avanti e un trasloco pronto per Mosca. Un percorso professionale in ascesa all’interno di una delle più grandi multinazionali globali della comunicazione, un fidanzato con cui si iniziava a fare discorsi seri, 36 anni anni e tutta una (brillante) vita davanti.
Una giornata di sole
“Quel che mi ricordo in maniera netta è che era una bellissima giornata di sole, sole primaverile, e mentre eravamo a spasso per Vienna con il mio fidanzato che cercava di distrarmi con cose frivole dalla notizia che mi era appena caduta addosso. Io passeggiavo in questa splendida giornata, nel centro di Vienna, e come fossi su un altro pianeta continuavo a chiedermi: ma perché mi è caduta addosso questa cosa? Un pensiero che mi stava letteralmente distruggendo”.
L’ottava protagonista del podcast
Simona Maggini, Italy Country Manager WPP e Chief Executive Officer di VMLY&R Italy, oggi di anni ne ha 52, ed è la protagonista dell’ottava puntata di Tre Desideri, il podcast – realizzato con Chora Media – che racconta le storie di persone-personaggi che hanno attraversato l’esperienza di un tumore e la remissione della malattia.
Quel fidanzato è diventato suo marito, nella loro vita c’è un figlio che di anni ne ha 14 (non gli ho mai raccontato di questa cosa della mia vita, lo scoprirà dal podcast e mi chiederà: perché non me l’hai mai detto?) e c’è un farmaco salvavita che Simona deve assumere ogni giorno. “Ci ho fatto l’abitudine, ma mi sconvolge pensare che se dovessi perdere conoscenza, nessuno saprebbe che la mia vita dipende da questa pastiglia quotidiana… quasi quasi ai miei quattro tatuaggi ne aggiungo uno con scritto Eutirox, oppure mi tatuo un bar code, così sto più tranquilla…”.
Lost in translation
Dopo una normale tonsillectomia, se pur affrontata in età adulta, Simona continuava ad avvertire un piccolo fastidio alla gola. Per scrupolo, si rivolge al medico dell’azienda, il quale rileva un nodulo sospetto, e le consiglia un esame diagnostico. “La cosa strana era sentirsi comunicare la presenza di un nodulo in tedesco. Io lo parlavo abbastanza bene, ma avere una pre-diagnosi su una questione così cruciale in una lingua che non è la tua fa un strano effetto, è come se fosse una cosa due volte fuori dalla tua realtà: primo perché non ti immagini lo stiano davvero dicendo a te, e poi perché c’è questo schermo della lingua che ti fa sembrare ancora più irreale il messaggio…”.
Che cos’è stare bene?
L’esame ecografico eseguito a Milano conferma la diagnosi, tumore alla tiroide, e il medico cui Simona si affida indica che la soluzione è effettuare un intervento il più rapidamente possibile. “Di colpo mi sono trovata proiettata in questa condizione di malattia, pur non avendo nessun sintomo grave, a parte quel fastidio. Stavo bene, mi sentivo bene, eppure dentro di me stava crescendo questa cosa. Questa consapevolezza ti sconvolge, attraversi tutti gli stati emotivi: il terrore – quello che ti fa piangere la mattina quando ti svegli -, poi la rabbia, poi la speranza, perché pian piano comprendevo che era una forma di tumore curabile, che ci sono persone che affrontano tumori più brutali e devastanti”.
Il silenzio della comunicatrice
L’elemento più strano, per Simona, era la difficoltà, anzi l’impossibilità di parlarne, se non alle persone più intime. Difficoltà che c’è ancora oggi, e infatti questa confessione a Tre Desideri è stata una decisione sofferta, piena di dubbi. “Sono una che non ha problemi a parlare, il mio lavoro mi porta a tenere continuamente conferenze, speech pubblici, mi piace sempre mettermi in gioco, tirare fuori anche i miei difetti. Eppure affrontare il tema della malattia mi mette sempre a disagio, è come se stesse in un altro livello della mia personalità, della mia vita”.
Un’ombra che non passa
Nonostante dopo pochi mesi dall’intervento Simona abbia ripreso il controllo della propria vita, della sua carriera, dei suoi progetti di famiglia, la traiettoria che il destino ha portato nella sua esistenza continua in qualche modo a viaggiare in parallelo, non è una scia dalla quale a un certo punto ci si allontana. “A 36 anni non sei preparata a fare i conti con il fatto che la tua vita potrebbe finire, e quando accade è come un’ombra che sta sempre lì, che non riesci più a mandare via. E allora capisci in maniera anche drammatica il senso di sensibilizzare su questi temi, sul fare prevenzione, sul prendersi cura della propria salute anche quando pensi di essere nel pieno della vita e delle energie. Gli strumenti ci sono, ci sono i professionisti, ci manca spesso la consapevolezza. Forse è un bene che una ragazza e un ragazzo non pensino alla malattia, ma penso spesso: e se non fossi andata a fare quel controllo?”.
Grazie
L’episodio del podcast Tre Desideri con Simona Maggini è stato realizzato grazie al sostegno di FSI.