Amatissimo psicoterapeuta nella Pediatria dell’Istituto Tumori di Milano, Carlo Clerici da un anno ha scoperto di avere un timoma, raro tumore dei polmoni. In un nuovo episodio del podcast Tre desideri, Clerici spiega il suo cambio di prospettiva da medico a paziente.
Pur con tutta la sua arte, e i 25 anni di esperienza come “medico e prestigiatore” nel reparto Pediatria dell’Istituto dei Tumori di Milano, dove al suo mestiere di psicologo clinico e psicoterapeuta affianca giochi di magia per divertire ed entrare in comunicazione con i suoi piccoli pazienti, qui purtroppo non c’è stato trucco e non c’è stato inganno: la diagnosi che si è trovato tra le mani Carlo Clerici dopo una radiografia fatta per accertarsi di una tosse sospetta non ha generato un “oooh” di meraviglia, ma di sconforto. Quel nodulo dietro lo sterno che aveva intaccato anche i polmoni era un timoma, una massa tumorale. Carlo è stato operato, il timoma asportato, ma dopo solo qualche mese si presenta una recidiva.
Il podcast Tre Desideri
Nel raccontarsi a Tre Desideri, la serie di podcast realizzata da Chora Media per LILT, Carlo indossa sia la veste di medico che quella di mago, come se fossero due parti ormai indistinguibili della sua storia e della sua persona. La tecnica, la consapevolezza del medico che conosce la malattia e le variabili del percorso in cui si trova, ma anche la fantasia del prestigiatore, di colui che dietro alla realtà sa scoprire le magie nascoste, altri modi di vederla. E lo fa raccontando un percorso di malattia che è ancora drammaticamente in corso. Lo si ascolta come spettatori di fronte al palcoscenico, il numero è ancora tutto da scoprire, il trucco, se c’è o se ci sarà, per ora non si è ancora disvelato. Come andrà a finire?
Le prove generali della vita
Intanto, questo scavo nella realtà ha stupito lo stesso mago. «Nonostante i tantissimi anni in Oncologia, le migliaia di dialoghi con piccoli pazienti e genitori, mi sono accorto – sembra quasi sciocco dirlo – che vivere la malattia personalmente è diversissimo dal viverle accanto. Attraverso i racconti dei pazienti che ho raccolto in questi decenni, è come se avessi fatto sempre un po’ delle “prove generali” di che cosa vuol dire una malattia che irrompe improvvisamente. Per cui, quando mi sono trovato io di fronte alla diagnosi infausta, era tutto nuovo, ma era anche tutto in qualche modo già tracciato. E ho capito quanto ero fortunato, per esempio, ad avere dei colleghi cui aggrapparmi, a sapere già a chi rivolgermi, cosa fare. Mi sono accorto con più profondità di quanto deve essere terribile, per le persone, vivere l’incertezza, non sapere da dove partire per affrontare la malattia, quella terra di nessuno in cui precipiti da un giorno all’altro”.
Come un bambino
Per Carlo, medico sì, ma “terrorizzato dal dolore, anche dal dovermi sottoporre a un normale prelievo del sangue”, il percorso di malattia ha significato anche immedesimarsi nelle sensazioni e nelle paure dei tanti piccoli pazienti che ha divertito con le sue magie in tanti anni.
“Il bambino quando entra in ospedale spesso è spaventato, intimorito, spaesato. È necessario quindi “rompere il ghiaccio” e trasformarsi da estraneo in camice bianco a figura amichevole e disponibile all’ascolto. La magia è una delle modalità, che utilizzata fin dal primo incontro mitiga i traumi legati all’ambiente ospedaliero, e funziona. I giochi di magia deviano l’attenzione dei piccoli che non provano più paura durante, per esempio, i prelievi di sangue, piuttosto che le infusioni. Non solo. Diventa anche un canale di comunicazione con il medico, che non è più un estraneo che ti fa solo cose brutte”, racconta.
Un rifugio che anche Carlo è andato a esplorare, con altra consapevolezza. “La magia è una via di accesso alla fantasia. Suscita meraviglia, quindi apre a delle emozioni diverse rispetto allo spavento o all’avvilimento, che sono le condizioni principali in cui si trova un malato quando è in ospedale. È uno spostamento dell’attenzione a un altrove che esiste ma che normalmente non vediamo, è come entrare in un sogno. O in un desiderio, che poi altro non è se non una via di mezzo tra sogno e realtà”.
Un’altra idea di malattia
Il tema della “via di mezzo”, aperto da Carlo attraverso la magia, porta a riflessioni più grandi. “Ho sempre pensato alla malattia in termini di guarigione o non guarigione”, dice. “E invece l’essermi trovato malato mi ha fatto comprendere un concetto diverso e modernissimo, quello di convivere con la malattia e trovare buona vita “nonostante” una condizione di cronicità”.
Questa convivenza fa naturalmente i conti con quello che è “il” pensiero dominante, la morte. “Con lucidità, senza commiserazione, mi sono chiesto come ci si prepara alla possibilità di morire, e sono andato a cercare tra le tradizioni più diverse. Ho letto cosa fa il torero prima di scendere nell’arena, il rituale intimo e sociale che segue, il saluto agli amici, la preghiera. Solo che poi il torero indossa quella divisa bellissima… mentre in sala operatoria si va nudi. Allora ho guardato alla tradizione orientale dei samurai, la preparazione al duello, i riti di purificazione, una specie di metodologia per imparare a convivere con la paura senza lasciarsi sopraffare. Lì, esplorando i riti orientali, ho trovato un motto giapponese, bellissimo: “Quando la marea sale, anche la barca si alza”. Significa che quando ci sono le difficoltà, in te aumentano anche le risorse per affrontarle. Ed è vero. Quando ci si sente perduti, ti arrivano cose insperate, da te stesso, o da un amico, o dall’ambiente, che ti fanno sentire meglio”. Come una magia.
Grazie a
Questo episodio del podcast Tre desideri di LILT è sostenuto da Zambon.