Quanto è importante la visita urologica? Risponde il medico

4 min lettura A cura di MazzMedia Srl Ultimo aggiornamento:
Quanto è importante la visita urologica? Risponde il medico

Autoesame, visite urologiche, esami diagnostici. Ecco gli step più importanti per mantenere la propria salute sotto controllo e arrivare prima nella diagnosi della malattia. Visite ed esami in ambito urologico sono spesso motivo di infondati timori, facciamo chiarezza insieme all’esperto, il dottor. Roberto Musci, urologo LILT. Attraverso il suo prezioso contributo vediamo insieme cosa può fare ogni uomo per fare prevenzione e impariamo a conoscere quali esami diagnostici possono essere effettuati e in cosa consistono.


Cosa può fare un uomo ogni giorno per fare prevenzione?

Prestare attenzione ai sintomi: mai sottovalutare perdite di sangue con le urine, modificazioni della minzione (frequenza, fatica, bruciori). Fare regolarmente l’autopalpazione dei testicoli (con valutazione di cambiamenti di consistenza e di forma). E non aver paura di fare una visita urologica.

Quali sono i principali fattori di rischio per i tumori maschili e a cosa è necessario fare attenzione?

Per quanto riguarda le neoplasie prostatiche negli ultimi anni si sta studiando (come per la mammella) la possibilità di valutare le mutazioni di alcuni geni (BRCA2 e ATM) che sembrano essere legati ad una trasmissione genetica del tumore della prostata, della sua aggressività e della sua risposta alle terapie. In generale, come per molte altre malattie, c’è un rischio aumentato se sono presenti familiarità, obesità, sindrome metabolica, diabete con uso di metformina e ipercolesterolemia. Le persone di colore (afroamericani) risultano più a rischio. Anche una dieta ricca di grassi, alcool e fitoestrogeni (come soia, legumi) può aumentare il rischio.

Per le neoplasie testicolari i fattori di rischio principali sono riconducibili a criptorchidismo (la mancata discesa di uno dei testicoli), ipospadia (una malformazione congenita dell’apparato urogenitale), infertilità o sub-infertilità da ridotta spermatogenesi, familiarità di tumori testicolari tra i parenti di primo grado e la presenza di tumore controlaterale, calcificazioni intratesticolari e fattori genetici.

A che età cominciare a fare una visita urologica? 

Esistono diverse patologie urologiche che si possono presentare nelle diverse età. Nei pazienti giovani (15-30 anni) è utile valutare la presenza di varicocele (che potrebbe dare problemi di sterilità) e la presenza di tumori testicolari. Dai 45 anni in poi è utile una valutazione prostatica (specialmente se c’è una familiarità di neoplasia prostatica).

La visita urologica fa male? In cosa consiste?

La visita urologica consiste nella raccolta anamnestica delle patologie pregresse, delle terapie in atto, della valutazione degli accertamenti eventualmente fatti, dell’esame obiettivo generale e specialistico e l’esplorazione rettale, che spaventa molto i pazienti, ma che è una manovra non dolorosa, breve (dura pochi secondi) e che dà molte informazioni utili sulla prostata.

Quali esami diagnostici si possono fare per individuare il tumore alla prostata? Sono invasivi?

La diagnosi di tumore della prostata prevede: dosaggio del psa, visita urologica con esplorazione rettale ed eventuale risonanza multiparametrica. Sono tutti accertamenti non invasivi. L’unico relativamente invasivo è la biopsia prostatica che può essere fatta sia ambulatorialmente in anestesia locoregionale o in Day Hospital con sedazione.

Il dosaggio PSA è un metodo valido per diagnosticare la malattia?

Il Psa è un esame ematico che dice, nel momento in cui viene eseguito, come sta la prostata ma non che cosa ha la prostata. Da solo è un marker non affidabile per fare una diagnosi di tumore prostatico poiché il suo valore risente di molte variabili (grandezza della prostata, infiammazioni, dieta, rapporti avuti in concomitanza del prelievo). È un esame che risulta importante per valutare una terapia e un eventuale approfondimento diagnostico e per valutare la risposta terapeutica dopo interventi, radioterapia e terapia farmacologica.

Che cos’è la sorveglianza attiva?

L’obiettivo della sorveglianza attiva è evitare i trattamenti (e i relativi effetti collaterali) delle cure dei tumori prostatici poco aggressivi. Consiste nel monitoraggio attraverso il dosaggio del PSA, la risonanza magnetica multiparametrica, la visita e la ripetizione periodica delle biopsie prostatiche.

La neoplasia che può essere messa in sorveglianza attiva deve avere determinate caratteristiche che vengono valutate attentamente dallo specialista.

Oltre al dosaggio del PSA (da ripetere ogni 3 mesi) e alla visita (da effettuare ogni 6 mesi), la sorveglianza attiva prevede la rivalutazione periodica delle caratteristiche istologiche della malattia attraverso la biopsia prostatica. La biopsia permette di verificare il numero di campioni positivi e l’aggressività del tumore.

Che impatto avrà la situazione attuale di emergenza sanitaria sulle possibilità di fare diagnosi precoce?

Sicuramente l’emergenza sanitaria che stiamo affrontando ha bloccato quasi completamente le visite di prevenzione, sia per paura di contrarre l’infezione da Sars-Covid 19 recandosi presso strutture mediche e per un impoverimento economico della popolazione. I centri LILT possono essere fondamentali per far continuare le visite di prevenzione a costi contenuti e, non essendo ospedalieri, nella massima sicurezza, evitando la trasmissione del virus.

MazzMedia Srl