Tumore alla prostata e mutazione genetica: il gene “Jolie” al maschile

2 min lettura L'esperto risponde A cura di Cinzia Testa Ultimo aggiornamento:
Tumore alla prostata e mutazione genetica: il gene “Jolie” al maschile

Dal congresso AIOM, Giuseppe Procopio riporta le ultime novità in tema di mutazioni genetiche al maschile. Il tumore alla proposta è tra quelli che possono essere associati alla positività al gene BRCA, proprio come il noto caso di Angelina Jolie. Ecco come cambia la terapia quando il test genetico è positivo.

Arrivano notizie importanti sul tumore della prostata dal congresso nazionale AIOM, in corso in questi giorni. Riguardano la forma BRCA positiva, vale a dire, caratterizzata dalla mutazione del gene Jolie, come viene comunemente chiamato. Già, perché, come hanno dimostrato le ricerche, possono essere BRCA positivi non solo il tumore delle ovaie e quello del seno, ma anche quello del pancreas, in entrambi i sessi, e della prostata per l’uomo. Per saperne di più, ne parliamo con Giuseppe Procopio, Direttore del Programma Prostata e dell’Oncologia medica Genitourinaria presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

Dottor Procopio, come si arriva alla diagnosi di tumore BRCA positivo?

“Il paziente viene sottoposto a un test genetico, che permette di evidenziare la positività a carico del gene BRCA. Viene eseguito nel caso di tumore della prostata metastatico e dovrebbe essere di routine. È anche per questo che è necessario rivolgersi a Centri oncologici con una esperienza importante nell’ambito del tumore della prostata e che propongono il test genetico”.

Cambia la terapia nel caso di BRCA positivo?

“Certamente, si utilizza una categoria di farmaci chiamati PARP inibitori. Sono principi attivi che hanno la capacità di interferire con i deficit nei meccanismi di riparazione del DNA, come accade per l’appunto quando c’è una forma BRCA positiva. I benefici sono importanti. Gli studi infatti hanno dimostrato che si ottiene un miglioramento della sopravvivenza e un rallentamento nella progressione del tumore, con vantaggi innegabili per quanto riguarda la qualità di vita del paziente”.

È la prima linea di trattamento nella forma metastatica?

“No, il trattamento prevede innanzitutto la terapia ormonale. Se il test è positivo e inoltre la terapia non ha gli effetti sperati di controllo della malattia metastatica, oggi è possibile prescrivere la terapia con il PARP inibitore olaparib, come da indicazioni di AIFA, l’Ente regolatorio del farmaco. Va sottolineato però che per quanto riguarda il carcinoma prostatico metastatico, si tratta di una terapia recente e quindi in evoluzione, come ci stanno dimostrando le ricerche. Alcuni lavori scientifici ad esempio stanno evidenziando che il beneficio dell’inibitore di PARP sia evidente anche in setting diversi, quali le fasi più precoci di malattia, in combinazione con la terapia ormonale e in pazienti senza le mutazioni di BRCA”.

Cinzia Testa

Giornalista scientifica dal 1992, specializzata in comunicazione della salute con particolare attenzione all'oncologia. Esperienza pluriennale in campagne informative e divulgazione scientifica. Vincitrice del premio Giovanni Maria Pace nel 2019 per il giornalismo in ambito oncologico.