Il tumore è una sfida da affrontare in coppia. Ma è anche una sfida per la coppia che deve imparare a convivere con la malattia, con quel “terzo incomodo” descritto da molti come uno tzunami. E le donne sono più a rischio, come ha dimostrato uno studio pubblicato sulla rivista Cancer qualche anno fa, ma purtroppo ancora attuale. Dati alla mano, la percentuale di divorzi in oltre cinquecento coppie sposate al momento della diagnosi di uno dei due partner, non è stata diversa rispetto a quella delle coppie senza malattia. Ma attenzione: in nove casi su dieci, quando la coppia si è separata, ad essere malata era la donna. Le ragioni? I cambiamenti nel fisico, i pensieri, le preoccupazioni, che causano un inevitabile allontanamento.
Ma si può fare molto, come ha raccontato Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia a Milano in occasione dell’apertura del mese Rosa.
Cosa succede nella coppia quando la donna si ammala?
Partiamo da un dato, per le nostre riflessioni: ci sono ricerche che confermano che nel 21% sono gli uomini ad allontanarsi, contro il 3% delle donne, Questo, porta ad analizzare la coppia. Andando in profondità, si vede che quando la coppia “tiene”, è perché il rapporto è di più lunga durata, è stabile, ed entrambi i partner sono over 50. La crisi si manifesta invece più facilmente nelle coppie under 50 e l’allontanamento anche fisico, cioè la vera e propria separazione, avviene quando la donna è nella fase del follow up.
Perché è quasi sempre l’uomo ad allontanarsi?
L’uomo non riesce a sviluppare quella capacità di accoglienza, di adattamento nell’affrontare la malattia in maniera continuativa, ma al contrario ne viene sopraffatto. In sostanza, non riesce ad essere adeguato a portare avanti la coppia e così si allontana, Succede anche alla donna, intendiamoci, ed è quel 3% che ho citato prima, che lascia il marito perché non viene ritenuto una persona sulla quale si può investire. E qui che c’è la differenza. Quando sono over 50, non cercano un nuovo compagno, fanno “rete” tra amiche, creano legami di amicizia intensi. Le under 50, invece, spesso iniziano un nuovo percorso di vita con un altro compagno.
È vero che ci sono benefici anche dal punto di vita della malattia, quando la coppia “regge”?
Assolutamente sì e sono dati molto belli che incentivano a metterci tutto l’impegno possibile. Sappiamo infatti che se c’è una situazione stabile affettiva, c’è una riduzione del rischio di morte del 20%, che è tantissimo. E non solo. La donna nel 53% dei casi è maggiormente stimolata ad affrontare terapie innovative, oppure più aggressive.
Che cosa deve fare l’uomo da parte sua?
L’uomo e la donna devono parlarsi, ma non della malattia in sé, che è comunque importante. Devono condividere le loro profonde condizioni emotive, i loro bisogni, le loro aspettative, le attese. Senza dimenticarsi la sessualità, l’ingrediente di base per mantenere la vita della coppia.
Certo, il tumore entra a “gamba tesa” nella vita sessuale, ma si può fare molto cercando altre modalità di intimità, come possono essere anche i baci, le carezze, le tenerezze. Io sostengo che ciò che non ci diciamo non esiste. È forte come affermazione ma è così, la coppia può continuare a condividere la vita sociale, frequentare gli amici, ma se la vita intima della coppia diventa un ghiacciaio, tutto diventa complicato. La coppia è inevitabilmente sottoposta a una frantumazione e se c’erano punti critici, possono esplodere. Ma è qui che deve emergere la forza, la resilienza, e passo dopo passo, riparare ciò che si rompe, insieme, in un intimo e personale Kintsugi.