Da circa due mesi si è chiuso il SABCS, San Antonio Breast Cancer Symposium, ma non si è spenta l’attenzione da parte dei ricercatori. Durante il congresso, uno dei più importanti per l’oncologia, sono state presentate alcune belle notizie, definite incoraggianti per la terapia del tumore del seno. Le racconta Saverio Cinieri, Presidente AIOM, l’associazione italiana che riunisce gli oncologi medici.
Il primo dato importante emerso dal congresso riguarda la terapia per il tumore al seno HER2- positivo metastatico. Lo studio in fase tre DESTINY-Breast03 ha avuto come oggetto l’anticorpo monoclonale trastuzumab deruxtecan. «I dati che sono emersi sono ancora più coinvolgenti rispetto a quelli presentati al congresso mondiale di giugno scorso», sottolinea il professor Cinieri. «è stato dimostrato infatti un aumento nella sopravvivenza totale con una riduzione del 36% del rischio di morte. Inoltre, altro dato importante, circa il 77,4% delle pazienti era vivo a due anni dall’inizio della terapia». Si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma. Oggi, dicono gli esperti, Trastuzumab deruxtecan si candida quale nuovo standard di cura in seconda linea di trattamento, per le donne con un tumore al metastatico HER2-positivo.
Un’altra notizia che fa ben sperare riguarda un’altra forma di tumore al seno, il sottotipo positivo per recettori ormonali contrassegnato dalla sigla HR+. Comprende circa il 70% dei casi e la cura consiste nelle terapie ormonali. Spesso però si sviluppano resistenze a questi farmaci e il tumore va incontro a progressione. «L’ultima terapia endocrina approvata risale a circa 20 anni fa e servono nuove opzioni efficaci per questa popolazione di pazienti», aggiunge il professor Cinieri. «Per questo, sono confortanti le risposte che arrivano dagli studi presentati in congresso su nuove molecole che fanno parte di una famiglia di principi attivi innovativi, chiamati SERD. Hanno dalla loro anche la praticità, perché si assumono per via orale».
Ci sono belle novità anche per le donne operate al seno con desiderio di maternità. Lo studio si chiama Be Positive ed è stato condotto tra il 2014 e il 2019 su oltre 500 donne che desideravano una gravidanza dopo il tumore al seno. «Sono donne con un tumore al seno HR-positivo diagnosticato in fase precoce, e in terapia con un farmaco endocrino», continua il professor Cinieri. «La sospensione temporanea della terapia per due anni, in modo da permettere la gravidanza, per poi riprendere la cura, non sembra aumentare il rischio di recidiva».