30.000 le diagnosi di tumore al seno metastatico
Hanno un marito, figli, un lavoro, spesso i genitori anziani e sono metastatiche. Sembra un sinonimo di guerriere. E a ben pensarci, lo sono. Un esercito di 30 mila donne con un’età media di 54 anni, che portano avanti la loro vita nonostante la diagnosi di cancro al seno metastatico, vale a dire, diffuso anche in altre parti del corpo come ossa, fegato, cervello. Inimmaginabili i pensieri che costellano le loro giornate, le ansie, i momenti di depressione.
La situazione in Italia
«Nel loro caso il supporto psicologico è una necessità per poter convivere con una malattia logorante», interviene Rosanna D’Antona, Presidente di Europa Donna Italia. «Eppure ne beneficiano in poche, perché lo psico-oncologo nel nostro Paese è presente solo in un ospedale su quattro». Le conseguenze sono inevitabili, con perdita della fiducia e della sicurezza, oltre a smarrire il piacere della vita. Eppure, non dovrebbe essere così, perché sono stati fatti veramente grandi passi avanti in medicina.
Dati alla mano, è noto che l’aspettativa di vita è passata dai 15 mesi degli anni ’70 ai 58 degli anni 2000 e i dati sono in continuo miglioramento. Questo sicuramente per merito delle maggiori conoscenze sulla biologia del tumore, cioè sulle sue caratteristiche, che ha permesso la messa a punto di terapie mirate. Sono progressi importanti e i lavori scientifici continuano in tal senso, con l’obiettivo di rendere il cancro metastatico una malattia cronica.
Le cure e i diritti del malato oncologico
Certo, sono terapie salvavita che non permettono “sgarri”. Cure impegnative che portano con sé ritmi diversi, sia per il tempo trascorso in ospedale, sia per gli inevitabili effetti collaterali. Tanto da indurre molte ad abbandonare il lavoro. «Ci siamo accorti che ancora oggi le donne non vengono messe al corrente delle tutele speciali per i malati di cancro», interviene la Presidente D’Antona. «Oppure non le chiedono, per il timore di essere licenziate. Noi lottiamo da anni per il rispetto dei loro diritti. Anche perché la perdita del lavoro con le inevitabili preoccupazioni economiche può compromettere fortemente lo stato di salute, con il 20% in più di rischio di scarsa risposta alle cure in corso».