Bandire le sigarette elettroniche dai mercati di tutto il mondo. La richiesta arriva dai ricercatori che per conto del Dipartimento di Salute del Governo australiano, hanno condotto la più ampia analisi mai effettuata fino ad ora nella letteratura scientifica, sulle e-cig. Perché svapare, termine usato per descrivere l’atto di fumare sigarette elettroniche, non fa per niente bene. Eppure esercitano un fascino incredibile, con un business non indifferente: dati alla mano, sono circa tra i 50 e 100 milioni i consumatori di e-cig, soprattutto nei Paesi occidentali e in prevalenza tra gli adolescenti. Per scattare una fotografia su questo fenomeno e sui rischi che si stanno correndo, ne abbiamo parlato con Roberta Pacifici, Direttrice del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità.
Sul mercato ne esistono di molti tipi, quali sono le differenze?
Le sigarette elettroniche contengono una soluzione di glicole propilenico, glicerolo, aromi alimentari, con o senza nicotina. Gli aromi rappresentano il successo di questi prodotti, soprattutto tra i più giovani ce ne sono di tutti i gusti, talvolta anche con sapori parecchio accentuati per camuffare l’amarognolo della nicotina. A queste, da qualche anno si sono aggiunti i dispositivi a tabacco riscaldato, prodotti dalle multinazionali del tabacco.
Quali rischi per la salute?
Si cominciano a vedere i primi lavori scientifici sulle sigarette elettroniche con e senza nicotina, ma
è ancora troppo presto per valutarne le ripercussioni sulla salute. Prendiamo ad esempio gli
aromi. Sono sostanze usate in ambito alimentare, con effetti e controindicazioni noti se vengono
ingerite, ma non aspirate. Oggi sappiamo che la temperatura che serve per consentire il passaggio
delle sostanze, causa una frammentazione delle molecole degli aromi stessi: in questo modo
arrivano in profondità nel sistema polmonare, depositandosi negli alveoli. Ma cosa accadrà alla
salute dei polmoni tra chi le usa per anni, se non decenni, lo verificheremo nel futuro. Lo stesso
vale per i dispositivi a tabacco riscaldato: abbiamo la consapevolezza che anche in questo caso, il
riscaldamento possa generare sostanze tossiche e potenzialmente cancerogene.
Perché sono così diffuse tra i giovani?
Le sigarette elettroniche sono svincolate dai divieti che regolano le sigarette tradizionali,
pubblicità comprese. E questo fa sì che sia diffusa l’idea che non facciano male, soprattutto tra i
giovani che hanno, per natura, una percezione bassa dei rischi. È stato peraltro dimostrato che i
giovani, quando consumano prodotti che erogano nicotina, incorrono con maggiore frequenza in
comportamenti trasgressivi: utilizzano cannabis, alcol in modo esagerato, insomma, sostanze in
genere che “sballano” e che sono pericolose per la salute. In più, i prodotti che contengono
nicotina attivano un meccanismo di dipendenza che porta prima o poi a passare alla sigaretta
tradizionale.
Esistono delle limitazioni nel loro utilizzo?
Sono vietate in treno e in generale sui mezzi pubblici ma non è sufficiente, e lo dimostra il fatto
che sei utilizzatori su dieci si ritengo autorizzati a svapare ovunque. Quello che va fatto, è di aggiornare la legge Sirchia, integrando i divieti relativi all’uso delle sigarette elettroniche e dei dispositivi a tabacco riscaldato. Inoltre, andrebbe allegato al prodotto un foglietto illustrativo col dettaglio delle sostanze contenute e i potenziali effetti nocivi per la salute. L’Istituto Superiore della Sanità nel 2012 ha emesso un rapporto proprio sulle sigarette elettroniche ma la strada è ancora lunga e soprattutto difficoltosa, perché purtroppo, nonostante gli sforzi, è passata la comunicazione, indiretta e sottile, che questi prodotti facciamo meno male.
C’è chi le utilizza quale “ponte” per smettere di fumare: funzionano in questo senso?
Non ci sono lavori scientifici che lo dimostrino, anzi, i dati a disposizione ci dicono che oltre l’80%
dei consumatori di sigarette elettroniche continua anche a fumare sigarette tradizionali. È stato
ipotizzato che questi prodotti possano avere una loro nicchia di utilizzo nei forti fumatori, ma non
di certo in autogestione. In questo caso la sigaretta elettronica andrebbe gestita come presidio
medico-chirurgico e dovrebbe far parte di una strategia controllata, con un medico oppure uno
psicologo che accompagni il percorso di cessazione dal fumo con un suo uso a scalare. A tal proposito LILT offre programmi di disassuefazione dal fumo con uno psicologo esperto in tabagismo, per imparare a disinnescare la componente psicologica che, più di tutte, tiene legato il fumatore alle sigarette.