Si parla tanto di test molecolari, di medicina di precisione, ma quasi sempre si tratta di discorsi che vengono fatti in relazione al tumore del polmone. Ma qual è la situazione per quanto riguarda il tumore del seno? Ci sono esami già disponibili? E per chi vanno bene? Ce lo racconta Giancarlo Pruneri, Direttore del Dipartimento di Patologia dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
Dopo l’intervento
Grazie al test genomico, almeno la metà delle donne con un tumore estrogeno-positivo ed HER2 negativo, diagnosticato in fase precoce e già operato, può evitare la chemioterapia. E questo, senza che ci siano rischi maggiori di ricadute rispetto a chi segue il percorso tradizionale. A sottolineare la validità del test genomico sono diversi studi.
«Uno in particolare, lo studio BONDx, è stato condotto in Lombardia, la prima Regione ad avere concesso la rimborsabilità al test», interviene il professor Pruneri. «Numeri alla mano, ha permesso di risparmiare, nella sola Lombardia, circa mille chemioterapie, senza pericoli per la salute, evitando in più tutti i disturbi indotti dalla chemio».
Il test genomico viene eseguito su un campione di tessuto tumorale prelevato durante l’operazione e indica in quello specifico tumore se il rischio di recidiva a nove anni di distanza dalla diagnosi è basso e se i benefici aggiuntivi della chemioterapia sono assenti.
In fase avanzata
Finalmente, anche per il tumore al seno metastatico, si iniziano a intravvedere i primi farmaci mirati, cioè che agiscono puntando a una specifica alterazione molecolare, disattivandone l’attività. Le alterazioni vanno ricercate in un laboratorio specializzato e il test viene eseguito con una tecnica che si chiama next generation sequency, o sequenziamento molecolare.
«Oggi nel caso del tumore al seno estrogeno positivo her 2 negativo metastatico, cerchiamo la mutazione del gene PICK3ca», sottolinea il professor Pruneri. «E in caso di positività al test, abbiamo a disposizione un farmaco specifico». Le indagini molecolari sono utili anche nel caso del tumore triplo negativo, la forma più aggressiva e che riguarda soprattutto donne giovani. «Siamo l’unico Centro italiano che esegue la profilazione a tutte le pazienti e in caso di positività alle alterazioni molecolari, proponiamo alla donna di aderire a uno degli studi clinici attivi presso di noi», dice il professor Pruneri. «Mettiamo in atto tutte le armi che abbiamo per conoscere meglio la biologia di questa forma tumorale e poterla curare meglio».
Un test “a tappeto” a tutte dopo la diagnosi
ASCO, American Society Cancer Oncology, pubblicherà a breve le nuove linee guida sul tumore al seno, con un capitolo importante dedicato alla mutazione BRCA. L’indicazione? Eseguire a tutte le donne, dopo la diagnosi, il test per la ricerca del gene BRCA. Le stime infatti dicono che le donne con questa mutazione, che si trasmette in famiglia, sono molte di più rispetto ai numeri attuali. E la diagnosi precoce permetterebbe nell’arco di cinque anni di aumentare notevolmente la percentuale di chi sopravvive alla malattia.
«Il tumore che ha maggiori probabilità di essere BRCA positivo è quello triplo negativo», conclude il professor Pruneri. «Se viene individuato in chi ha già la malattia, oggi si può intervenire con un farmaco mirato che fa parte della famiglia dei PARP inibitori, molecole già note perché vengono utilizzate nel caso del tumore all’ovaio BRCA positivo, con successi enormi».