Conoscere e utilizzare gli strumenti giusti per la prevenzione del tumore al seno è fondamentale per ridurre i rischi e garantire una diagnosi precoce. Lo abbiamo chiesto al dottor Gianfranco Scaperrotta, direttore sanitario di LILT.
Ogni anno migliaia di donne nel mondo ricevono una diagnosi di tumore al seno, ma la buona notizia è che grazie agli strumenti di prevenzione e diagnosi precoce le possibilità di individuare la malattia nelle fasi iniziali sono aumentate in modo significativo.
La prevenzione primaria gioca un ruolo fondamentale: un corretto stile di vita -che comprende una sana alimentazione, praticare attività fisica ed evitare di fumare e bere alcolici- è la prima arma che abbiamo per la lotta contro i tumori. Oltre alla prevenzione primaria, è importante sottoporci a esami strumentali per la diagnosi precoce, che nel caso della prevenzione del tumore alla mammella sono rappresentati dalla mammografia e dall’ecografia.
L’esperto risponde: botta e risposta con Gianfranco Scaperrotta
Il dottor Gianfranco Scaperrotta, direttore sanitario di LILT e responsabile della Struttura Semplice di Diagnostica Senologica dell’Istituto dei Tumori in Milano, fa luce su questi strumenti per la prevenzione del tumore al seno.
Professore, che significato hanno la mammografia e l’ecografia nella prevenzione del tumore al seno?
La mammografia e l’ecografia sono due metodiche che si integrano l’una sull’altra, ovvero sono degli esami complementari, ciò significa che un esame mammografico può essere integrato con l’ecografica. Sicuramente, l’esame di screening per il tumore della mammella è la mammografia, che studia la componente adiposa del tessuto mammario, a differenza dell’ecografia che studia quella ghiandolare. La mammografia però, in alcuni casi, come nei seni molto densi, dove c’è una maggior componete ghiandolare, perde di sensibilità; quindi non riesce a discriminare bene la presenza di un eventuale tumore e dunque è necessario integrarla con l’ecografia.
Su una giovane donna il discorso è diverso perché ha una mammella giovanile, quindi ricca di tessuto ghiandolare e povera di tessuto adiposo, dove la mammografia non è indicata.
Quindi questi esami tengono conto della densità del seno?
Certamente. La densità mammaria è definita e classificata in quattro categorie dall’American College of Radiology: categoria A, B, C, e D, con un aumento di densità progressivamente crescente. Le mammelle della categoria C e D sono cosiddette dense, cioè hanno una costituzionalità tale per cui la componente ghiandolare è molto rappresentata, a differenza della componente adiposa; quindi, in questo tipo di mammelle, la mammografia perde sensibilità, mentre l’ecografia lavora bene.
Nel referto clinico viene indicata la classe di densità mammaria, A, B, C o D, che viene rilevata dal mammografo, grazie a una serie di algoritmi. Un tempo, invece, era il radiologo che andava a definire la densità del seno, analizzando tutta una serie di paramenti.
La densità del seno ha una correlazione con l’insorgenza del tumore?
Sì, la mammella densa ha intrinsecamente un rischio da 4 a 6 volte superiore alla mammella adiposa. La ragion è legata al fatto che la mammella densa è iperproliferativa, per via della sua componente ghiandolare e dunque, molto responsiva ai picchi ormonali. Il rischio da 4 a 6 volte non deve spaventare, perché è spalmato su un’aspettanza di vita lunga; quindi, se consideriamo che l’aspettanza vita di una donna europea è in media tra gli 83 e gli 85 anni, quel rischio va spalmato dall’età a cavallo della menopausa, dove la donna è soggetta a importanti variazioni ormonali, agli 85 anni.
Tutte le donne possono fare la mammografia?
Sì. La mammografia si può fare a tutte le donne e anche gli uomini la possono fare. Una donna che presenta delle protesi può fare la mammografia; sia con protesi ricostruttive, ovvero quelle utilizzate nelle donne trattate chirurgicamente per una patologia oncologica, sia con quelle estetiche. Questo è possibile perché i mammografi hanno dei software dedicati, in cui la compressione è modulata; quindi, la macchina si regola in base agli spessori che riscontra. La mammografia si può fare sempre.
Ogni quanto va eseguita la mammografia?
I programmi di screening partono dai 45 anni. Per i primi cinque anni dai 45 ai 50, la mammografia si consiglia a cadenza annuale, per poi dilazionarla ogni due anni dai 50 ai 75 anni.
Il tumore in una quarantacinquenne è meno frequente che in una cinquantacinquenne, ma purtroppo, in quella fascia d’età si annidano i tumori più aggressivi, quindi quelli che crescono più velocemente. Per questo motivo, LILT ha sposato l’idea di partire con la mammografia già a 40 anni. Bisogna considerare che la donna a quell’età spesso ha una famiglia, magari con bambini piccoli, è nel pieno della sua attività lavorativa; quindi se vogliamo intervenire subito ed evitare di diagnosticare un tumore già metastatizzato, è necessario anticipare gli screening di qualche anno.
Biologa, divulgatrice scientifica. Si occupa principalmente di temi legati alla salute e alla medicina, con l'obiettivo di renderli comprensibili e accessibili al grande pubblico.