Se chiedessimo, in giro per le vie di Milano, che cos’è la dieta, la risposta sarebbe pressoché sempre la medesima, un regime alimentare per rimettersi in forma. Ma non è sempre così. Ci sono studi che ne stanno scoprendo un aspetto inaspettato: sapientemente modulata e calibrata, si può trasformare in un vero e proprio farmaco. Già, perché non abbiamo detto che la dieta in questione è ipoglicemizzante, si basa su una restrizione calorica severa ciclica ed è indirizzata a malati oncologici. Ma qual è lo stato dell’arte della ricerca? Perché è ipoglicemizzante? E quali sono gli obiettivi? Ecco cosa ci risponde Filippo de Braud, direttore dell’oncologia medica 1 dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
Cancro e dieta ipoglicemizzante: lo studio
Professor de Braud, che cosa succede nel corpo abbassando al minimo l’apporto di zuccheri?
Con la restrizione calorica severa ciclica che per l’appunto è a bassissimo apporto di zuccheri, abbiamo evidenziato la riduzione di fattori pro-cellule oncogene. Ci siamo basati su un’osservazione di oltre un secolo fa: alti livelli di zuccheri nel sangue facilitano le cellule tumorali che hanno meccanismi di utilizzo rapido di queste sostanze. Non solo. Troppi zuccheri stimolano una produzione eccessiva di insulina che, è dimostrato, rappresenta un fattore di crescita per la cellula tumorale. Con la dieta ipoglicemizzante, otteniamo una riduzione drastica dei livelli di glicemia nel sangue e in un certo senso, “tagliamo i viveri” al tumore.
Quali tumori sono più sensibili a questa dieta?
Al momento non lo sappiamo ancora con precisione, le ricerche sono in corso. Per citarne alcuni, ne abbiamo una sul tumore triplo-negativo, la forma di tumore della mammella al momento più impegnativa da curare, uno studio su tipi di carcinoma polmonare con mutazioni rare, un altro che coinvolge malati con tumori diversi. Tutte queste ricerche ci permetteranno di individuare in quali casi le cellule del sistema immunitario reagiscono meglio e con quali trattamenti oncologici
In che senso, professore, ci spiega meglio?
Abbiamo evidenziato che in seguito a questo regime, nei pazienti si sono attivate alcune cellule del sistema immunitario che hanno un ruolo importante nel riconoscere e uccidere le cellule tumorali. In pratica, si ottiene un incremento di linfociti T citotossici e Natural Killer, cioè di quelle cellule cosiddette buone, che hanno la capacità di riconoscere e uccidere le cellule malate. In seguito alla dieta, si verifica inoltre un abbassamento dell’infiammazione sistemica, un processo che ostacola il lavoro del sistema immunitario. Infine, abbiamo notato un aumento delle cellule “buone” all’interno del tumore e questo fa sì che si verifichi un attacco diretto alle cellule tumorali al fine di eliminarle. Tutte queste azioni ci portano a supporre che la dieta possa essere un valido supporto ad alcuni trattamenti come la chemioterapia e l’immunoterapia, per citarne due tra i più noti.
Nello studio in corso che coinvolge donne con tumore al seno triplo negativo, viene utilizzato anche un farmaco antidiabetico: perché?
Il farmaco è la metformina e una sua possibile attività antitumorale è nota da tempo, ed è probabilmente dovuta alla sua capacità di ridurre i livelli ematici di zucchero e fattori di crescita che favoriscono la crescita tumorale, oltre che a un’azione diretta contro la cellula tumorale. A nostro parere, esiste la realistica possibilità che la combinazione della dieta con la metformina riesca ad incrementare l’attività antitumorale della chemioterapia, con lo scopo di indurre la scomparsa microscopica del tumore invasivo sia a livello mammario, sia a livello dei linfonodi asportati durante l’intervento chirurgico, producendo dunque l’azzeramento delle cellule tumorali vitali..
Non abbiamo parlato della pratica: consigli utili per una dieta efficace
Certo non è una passeggiata, ma i pazienti coinvolti nelle nostre ricerche sono ben motivati e, aspetto rilevante, possono contare su un team disponibile pressoché sempre in caso di difficoltà. La dieta è costituita da cibi freschi facenti parti della dieta mediterranea, e si caratterizza per il bassissimo contenuto di carboidrati e di proteine, con un apporto calorico pari a circa 1800 Kcal suddivise in cinque giorni. Viene ripetuta a cicli, per tempi contenuti. Gli alimenti che costituiscono la dieta sperimentale consistono essenzialmente in verdure – prevalentemente insalata, zucchine e verdure a foglia verde – olio di oliva e frutta secca perché è ricca di grassi “buoni”. Non ci sono invece carote, zucca o patate a causa del maggiore contenuto in carboidrati e neppure proteine di ogni genere, cioè carne, pesce, formaggi e legumi. Tra un ciclo e l’altro tornano alla solita alimentazione, con la raccomandazione di evitare alcolici e grassi e di non fumare.