Quasi 300 mila decessi per tumore sono stati evitati negli ultimi 13 anni grazie all’innovazione terapeutica in ambito oncologico. Ma le novità disorientano i pazienti a cui vengono prescritti mix di farmaci, vecchi e nuovi. Il direttore scientifico dell’Istituto Tumori di Milano, Giovanni Apolone, ci aiuta a comprendere meglio le nuove terapie.
Negli ultimi 5 anni nel mondo sono stati approvati 360 nuovi farmaci o nuove indicazioni in oncologia. Innovazioni, queste, che hanno come obiettivo quello di portare alla guarigione, oppure, quando non è possibile, alla cronicizzazione della malattia oncologica.
E che sia la strada giusta lo dimostrano anche i dati. Come riportato nell’ultima edizione de I numeri del cancro, in 13 anni (2007-2019), sono state evitate 268.471 morti oncologiche. Migliaia di vite salvate sono dunque una nota decisamente positiva. Ma c’è ancora molto da fare, soprattutto per quanto riguarda le informazioni che arrivano al paziente: da una parte sono all’ordine del giorno le notizie relative a principi attivi innovativi, dall’altra ci sono terapie che fanno parte del bagaglio di cure tradizionali, con tutti i dubbi che portano con sé.
Funzionano anche i farmaci “vecchi”? Perché a me non viene proposto quel farmaco che era in prima pagina sul giornale ieri? E via così, in una serie di pensieri più che comprensibili per chi è in una fase di fragilità a causa del tumore. Per aiutare a fare chiarezza, ne abbiamo parlato con Giovanni Apolone, Direttore Scientifico dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
Dottor Apolone, esistono terapie di serie A e di serie B?
No, abbiamo diverse armi nel nostro armamentario terapeutico da cui attingere per curare i tumori. A grandi linee, oggi ci sono 45 approcci terapeutici che si sono sviluppati nel corso degli anni grazie al lavoro fatto da diverse Comunità scientifiche e soprattutto da quelle italiane. Sono la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia, i farmaci a target, l’immunoterapia. A parte l’intervento chirurgico, che è comunque una terapia, negli altri casi si tratta di sostanze chimiche che hanno il compito di attaccare con meccanismi diversi il tumore. Hanno però una loro tossicità, in quanto uccidono anche altre cellule, quelle sane. In questo bilancio quello che si è sempre cercato di fare è trovare schemi più evoluti. La ricerca è in costante evoluzione e ci stiamo muovendo verso nuove strategie innovative, che si basano su meccanismi d’azione che non erano noti fino a poco tempo fa, oppure che lo erano, ma non c’era modo di sfruttarne le potenzialità dal punto di vista terapeutico.
Che cos’ha di diverso la terapia di oggi rispetto a quella di ieri?
Oggi non esiste “la” terapia, perché non esiste più un solo tipo di tumore: pensiamo ad esempio a quanti tipi e sottotipi di tumore al seno oggi conosciamo e ai nuovi che si stanno già intravvedendo all’orizzonte. Alla base, devono esserci una diagnosi istologica, la caratterizzazione molecolare quando è già possibile grazie alla ricerca: fatto questo, sta al team scegliere la terapia, che oggi spesso è un mix di vecchi e di nuovi farmaci. Faccio un esempio: per il tumore al seno triplo negativo, gli studi hanno dimostrato l’efficacia dell’immunoterapia, ma non da sola. È in associazione alla chemioterapia, la cura-principe ancora oggi grazie all’intuizione del noto ricercatore Gianni Bonadonna, nei primi anni ‘70.
All’ultimo congresso europeo ESMO, è stato presentato uno studio dell’Istituto Nazionale dei tumori di Milano sugli effetti collaterali dei farmaci innovativi. Cosa cambia?
Fino a ieri avevamo la malattia oncologica, mentre oggi abbiamo la persona e il suo tumore. La differenza è sostanziale. I farmaci più recenti hanno effetti collaterali diversi, che necessitano di un approccio più approfondito al paziente. Questo significa dedicare più tempo al paziente, intensificare se necessario il follow-up e aggiungere controlli che prima dell’avvento delle terapie all’avanguardia sarebbero state superflue, includere nel core team oncologico altre figure specialistiche come il cardiologo, oppure il nefrologo. Stiamo imparando molte nozioni nuove, che mettiamo man mano a disposizione del paziente. Sappiamo che i farmaci interagiscono con diversi settori dell’organismo e col metabolismo. Ora ci stiamo concentrando su quest’ultimo aspetto e su come è possibile in un certo senso manipolarlo grazie a schemi alimentari particolari, con il fine ultimo di rendere innovativa una terapia antitumorale tradizionale. È un ulteriore esempio, per tornare alla sua domanda iniziale, che non esistono farmaci di serie A e di serie B, m un vasto ventaglio di molecole che continuano a dimostrare nuove potenzialità.