C’è una richiesta del The Marine Conservation Society rivolta a tutta la popolazione, in ogni angolo del mondo. È di celebrare la giornata mondiale senza sacchetti plastica, che si tiene tutti gli anni il 12 settembre.
Sono solo 24 ore, ma con l’obiettivo che gradualmente, l’utilizzo di sacchetti di tela, decisamente più rispettosi dell’ambiente, diventi un’abitudine da rispettare sempre. Ogni giorno dell’anno. Ma non solo. È anche l’occasione per affrontare il tema della plastica, e dell’uso esagerato che se ne fa, a scapito dell’ambiente.
Smaltimento della plastica, lo stiamo facendo nel modo giusto?
Dati alla mano, sono oltre 13 milioni le tonnellate di plastica che vengono gettate negli oceani, tra sacchetti monouso, bottigliette, guanti, flaconi di detersivi, per citare i prodotti più comuni, con conseguenze drammatiche. La plastica infatti non si degrada, e i pezzetti di microplastica, nei fondali ce ne sono quasi due milioni per metro quadrato, vengono ingerite da pesci e crostacei, compresi quelli che consumiamo abitualmente. Va da sé, poi, che le microplastiche sono anche nell’acqua che esce dai rubinetti, com’è riportato nel dossier Invisible: The Plastic Inside Us. Gli esperti dell’università di New York e del Minnesota hanno analizzato 159 campioni di acqua potabile provenienti da 14 Paesi di diverse zone del mondo, Italia compresa. E le microplastiche sono risultate presenti nell’83% dei campioni.
Plastica: perché ridurne l’utilizzo?
Al momento sui danni da microplastica mancano studi sugli uomini. Iniziano ad essercene invece sui cosiddetti interferenti endocrini, cioè le sostanze in grado di interferire col sistema endocrino. I principali imputati sono i bisfenoli, soprattutto il BPA (bisfenolo A), e gli ftalati (DEHP). Sono composti chimici usati per migliorare la flessibilità e la modellabilità della plastica, quando viene utilizzata per la produzione di arredi e manufatti, ma anche di prodotti destinati al contatto con gli alimenti. «Queste sostanze sono in grado di interferire con l’organismo e alterare l’equilibrio ormonale, che è fondamentale per lo sviluppo del feto, per la crescita del bambino, per lo sviluppo sessuale e per le attività riproduttive», sottolinea Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale. «Più esposta al rischio dunque è la fascia di popolazione più debole: neonati, bambini e giovani adolescenti».
Che cosa fare?
C’è ancora molto lavoro da fare. «Sulle nuove sostanze manca una normativa attualizzata. Stiamo lavorando per portare il tema a conoscenza del decisore quali sostanze non sono vietate, ma andrebbero sottoposte a una revisione», sottolinea il professor Miani. «Anche perché il loro impiego è ampio: basti pensare che vengono utilizzati anche per produrre giocattoli, come anche posate, contenitori e packaging a contatto con gli alimenti».
Nel frattempo? Va da sé che il primo consiglio è di limitare l’uso della plastica, sia negli arredi, sia nella quotidianità. Vale anche il suggerimento di mettere in pratica alcune regole: se venissero seguite da tutti, aiuterebbero l’ambiente a “respirare”.
I consigli dell’esperto
Per la spesa utilizzare sacchetti in tela e preferire quando possibile prodotti sfusi anziché confezionati, come nel caso per esempio di frutta e di verdura.
Per conservare gli alimenti in frigorifero utilizzare il più possibile contenitori di vetro e, quando possibile, coprire col classico piattino anziché usare la pellicola trasparente, o coperchi in plastica.
Attenzione al calore in tutte le sue forme: non esporre dunque le bottiglie di plastica al sole, non utilizzare i contenitori per cuocere o riscaldare alimenti, neppure nel forno a microonde, a meno che non sia esplicitamente indicato, non mettere bevande e alimenti caldi in bicchierini o contenitori di plastica, se non sono idonei alle alte temperature. Infine, evitare i bollitori di plastica.
Evitare di riutilizzare le bottiglie di plastica: piuttosto, prendere l’abitudine di usare borracce ad hoc.
Aerare ogni stanza almeno sei volte al giorno per cinque minuti, dal momento che al chiuso gli inquinanti, come gli interferenti endocrini per l’appunto, tendono ad accumularsi.
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Giornalista scientifica dal 1992, specializzata in comunicazione della salute con particolare attenzione all'oncologia. Esperienza pluriennale in campagne informative e divulgazione scientifica. Vincitrice del premio Giovanni Maria Pace nel 2019 per il giornalismo in ambito oncologico.