Caregiver familiari: il peso dell’assistenza e la necessità di un supporto

3 min lettura L'esperto risponde A cura di Cinzia Testa Ultimo aggiornamento:
Caregiver familiari: il peso dell’assistenza e la necessità di un supporto

Laura Gangeri spiega come formazione, supporto emotivo e strategie pratiche possano migliorare la vita dei caregiver e dei loro familiari malati. Un corso gratuito di LILT aiuta a ritrovare l’equilibrio.

L’ultimo censimento dei caregiver familiari è stato fatto nell’ambito della rilevazione Istat Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell’Unione Europea” del 2019. Numeri alla mano, sono poco più di sette milioni e in sei casi su dieci sono donne. Si tratta di una realtà complessa. Hanno spesso una loro famiglia, un lavoro, relazioni sociali, con programmi di vita che subiscono vere e proprie scosse telluriche a causa dell’assistenza a familiari malati e non autosufficienti.

È un mondo a sé, quello dei caregiver familiari, ad oggi ancora senza un riconoscimento giuridico, senza tutele sociali ed economiche, privi di una formazione specifica. E soprattutto, quasi sempre abbandonati a sé stessi. Per fortuna qualcosa sta cambiando, come spiega Laura Gangeri, ricercatrice, SSD Psicologia clinica Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

Il ruolo del caregiver nell’assistenza al familiare viene dato per scontato, e questo è un errore. Una volta dimessa, la persona viene gestita dal caregiver, che non ha una preparazione mirata e che si ritrova con un carico importante di responsabilità. È necessario invece che possa seguire un programma di formazione adeguata, che comprenda anche l’organizzazione dei servizi, oltre a imparare a utilizzarli. C’è un vuoto informativo e formativo, relativo ad esempio alla gestione dell’emotività del paziente, allo stato di isolamento di entrambe le parti per quanto riguarda vissuti e paure.

Quello che colpisce è il loro bisogno di comprensione e questo è legato al fatto che sono spesso affaticati anche psicologicamente e hanno paura ad affrontare le diverse tematiche relative alla malattia del familiare. È un grande peso. In uno studio recente che ha indagato gli aspetti più impattanti, è emersa la carenza di allineamento emotivo col proprio caro. Su questo, di fatto, c’è ancora poca cultura, ci sono emozioni che non vengono espresse e quando invece accade, la sensazione è quella di non essere compresi.

Dare aiuto significa promuovere l’autonomia, dare spazi e prendersi del tempo anche per sé stessi. Invece, nell’accudimento si tende a “sostituirsi” al familiare malato, dando luogo a disagi. Per non incorrere in questa situazione, è necessario distribuire gli impegni legati alla presa in carico del proprio caro, coinvolgendolo se possibile e nei limiti delle sue forze. L’altro suggerimento è di inserire anche se per poche ore alla settimana una figura esterna, che ha meno implicazioni emotive. Sono tutte strategie importanti al fine del benessere sia del familiare, sia del caregiver. Aiuta poi il supporto psicologico e qui si può chiedere aiuto alle Associazioni pazienti: è consigliabile per ristrutturare i pensieri, per andare alla fonte del concetto di colpa e risolverlo, per imparare a mantenere con serenità i propri spazi.

Ritrova l’equilibrio

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Cinzia Testa

Giornalista scientifica dal 1992, specializzata in comunicazione della salute con particolare attenzione all'oncologia. Esperienza pluriennale in campagne informative e divulgazione scientifica. Vincitrice del premio Giovanni Maria Pace nel 2019 per il giornalismo in ambito oncologico.