Ascoltare ed essere ascoltati sono due azioni naturali, ma che al contempo richiedono un certo tipo di impegno. E, se si ha una malattia, la capacità di essere sentiti diventa ancora più esigente.
Nella giornata mondiale dell’ascolto, 21 ottobre, abbiamo parlato con la Dottoressa Luciana Murru di quanto questo senso sia importante e delle necessarie condizioni per ascoltare ed essere ascoltati, specie nella malattia. Un botta e risposta con la dottoressa.
Se si parla di ascolto, lei ci risponde “orecchio”, l’organo preposto a questa azione. Ma quanto è importante questa parte del nostro corpo? Serve solo per sentire?
“L’orecchio è un organo fondamentale nell’ascolto e nell’equilibrio. Entrambi sono strettamente legati tra loro. Ad esempio, se si infiammano “gli ossicini” presenti nelle orecchie, si hanno problemi di disequilibrio. Ma nell’aspetto relazionale l’ascolto ha a che fare con l’equilibrio perché per l’equilibrio psichico ho necessità di essere ascoltato e l’equilibrio a sua volta ha a che fare con l’ascolto della realtà esterna. Se non mi sento ascoltata mi perdo nei labirinti della vita e se non ascolto, mi perdo comunque. Non è un caso che esiste una parte dell’orecchio che si chiama labirinto, dove si svolgono queste due funzioni importanti”.
Quale è il presupposto dell’ascolto?
“Il silenzio, è fare vuoto, farmi contenitore. Posso ascoltare soltanto se coltivo il silenzio. Posso essere vicino a una persona ma posso non ascoltarla. L’ascolto funziona se c’è coltivazione del silenzio o non è autentico”.
Quanto è importante l’ascolto in una condizione di malattia?
“Quando facciamo i conti con il dolore è importante essere ascoltati. L’ascolto ha una valenza terapeutica perché siamo gli unici animali che possono raccontare quello che vivono attraverso le parole. Nel cervello ci sono due centri che hanno a che fare con la comprensione delle parole e con l’emissione del linguaggio. Sono due aree collegate da fasci di neuroni. Non è una sola area, è come se ci fosse uno spazio tra l’ascolto e il momento in cui si emette il linguaggio. Ciò lo si comprende meglio quando si pensa a chi ha avuto un ictus, spesso una delle due aree non è in grado di funzionare. La parola quindi, non solo permette di abbassare la tensione che abbiamo internamente, ma l’altra persona deve essere presente o la sensazione di alleggerimento non c’è“.
Se presenti, tutti possono comunque ascoltare una persona malata?
“Quando racconto cose profonde, mi chiedo anche che impatto abbiano sul mio interlocutore. Si creano come degli ingorghi e la comunicazione rischia di non essere libera. Certe volte le esperienze di cui parliamo sono delicatissime e il livello di delicatezza richiede la presenza di un professionista. Quest’ultima consente di essere autentici e ci si solleva della responsabilità dell’effetto che si potrebbe avere sull’altro”.
Quanto è importante l’ascolto nelle attività di Spazio Parentesi?
“Importantissimo. Da quando il paziente telefona per prenotare e viene ascoltato da Nadia (coordinatrice Spazio Parentesi, ndr), c’è un primo imprinting. Poi l’ascolto è presente in tutte le attività. Le relazioni umane si fondano su basi importanti, l’ascolto è tra queste. Le persone che frequentano Spazio Parentesi si sentono accolte e a casa. Ognuno di noi ha bisogno di sentirsi in questo modo”.