Evita l’isolamento e migliora l’umore. L’attività fisica è promossa anche per i bambini in terapia oncologica da uno studio condotto da un team europeo di Centri pediatrici, di cui fa parte anche Maura Massimino, primario dell’Istituto Tumori
L’esercizio fisico quale parte integrante della terapia oncologica di bambini e adolescenti con un tumore. È questo in parole semplici ciò che vuole dimostrare il vasto progetto finanziato dalla Comunità Europea che coinvolge diversi Paesi, Italia compresa. È noto infatti che l’allenamento fisico permette di ottenere importanti benefici nel caso degli adulti, sia durante le terapie, sia al termine dei trattamenti oncologici, anche per la prevenzione delle recidive. Mancano informazioni altrettanto solide per quanto riguarda bambini e adolescenti. E qui entra in gioco lo studio europeo FORTEe, che mira a rendere i giovani pazienti più forti per combattere il cancro infantile. I primi dati saranno disponibili nel 2025 e c’è molta attesa.
Ne parliamo con Maura Massimino, Direttore della Struttura Complessa Pediatria Oncologica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, che fa parte del team europeo di Centri pediatrici coinvolti nello studio.
Dottoressa Massimino, come procede lo studio nella vostra pediatria?
Abbiamo coinvolto 60 pazienti tra bambini e adolescenti. Sono seguiti da Filippo Spreafico, oncologo della nostra Struttura, che con l’aiuto di professionisti dello sport ha strutturato veri e propri programmi di attività motoria che si svolgono nelle palestre a nostra disposizione. L’età minima per poter aderire è di 6 anni, perché nel corso dello studio è necessario eseguire esami come la spirometria, che richiedono di essere collaboranti. Ma questo non significa che gli under 6 non possano fare attività fisica. Anzi.
Non possono partecipare allo studio, ma vengono comunque coinvolti in attività fisiche?
Certamente. Quando sono in età prescolare, praticano esercizi di psicomotricità, esattamente come tutti i bambini di quella età. E non deve essere un’inibizione neppure la presenza del catetere venoso centrale per la chemioterapia. Noi in particolare cerchiamo di mettere il meno possibile i cateteri che sporgono dalla superficie cutanea proprio per evitare che si stacchino o che si infettino, a favore dei Port-a-cath, cioè di quelli che rimangono completamente nascosti. Comunque, anche se hanno un catetere visibile, possono praticare un’attività sportiva coprendo i dispositivi e abbiamo mamme che hanno creato delle specie di piccole armature per evitare rischi.
Quali sono i benefici dell’attività fisica?
Innanzitutto, contribuisce a far sì che bambini e adolescenti non si sentano isolati dai coetanei e questo va a tutto vantaggio dell’umore. Ci sono poi diversi studi che ne hanno provato gli effetti sul benessere psicofisico dei pazienti. I precursori per quanto riguarda i lavori scientifici su bambini e adolescenti sono stati i ricercatori canadesi: hanno evidenziato che grazie all’esercizio fisico, si sono ottenuti risultati positivi anche a livello neuro-cognitivo nel caso di pazienti pediatrici con tumore del sistema nervoso. Alcuni sono anche nostri: abbiamo dimostrato ad esempio che può praticare uno sport anche chi ha subito l’asportazione di un rene. Non è poco. Fino a qualche anno fa in caso di malattia oncologica, c’era in automatico l’esenzione all’attività fisica.
Ci sono delle limitazioni?
In assoluto non esistono preclusioni alle attività sportive per bambini e adolescenti ammalati di tumore. Il ruolo di un progetto di sport nel nostro reparto è proprio quello di guidare ciascun paziente/atleta nella scelta dello sport più adatto. Quello che chiediamo, è di valutare insieme lo sport che si desidera praticare, noi, il paziente e i genitori in caso di bambini piccoli, in base a una serie di parametri, comprese le eventuali operazioni subite. È un approccio innovativo, personalizzato, per fare in modo che bambini e adolescenti ammalati di tumore non perdano le opportunità e soprattutto la voglia di continuare a fare sport anche durante il percorso terapeutico. Anche da ricoverati.
Fai attività sportiva
Giornalista scientifica dal 1992, specializzata in comunicazione della salute con particolare attenzione all'oncologia. Esperienza pluriennale in campagne informative e divulgazione scientifica. Vincitrice del premio Giovanni Maria Pace nel 2019 per il giornalismo in ambito oncologico.