Radioterapia: sfatiamo i falsi luoghi comuni

3 min lettura L'esperto risponde A cura di Cinzia Testa Ultimo aggiornamento:
Radioterapia: sfatiamo i falsi luoghi comuni

Sono fitti i luoghi comuni quando si tratta di radioterapia, come ha rilevato anche una ricerca di AstraRicerche-AIRO. Per capire meglio cosa sia vero e cosa no, ne abbiamo parlato con Andrea Filippi, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

La paura più diffusa quando di parla di radioterapia riguarda la presenza di radioattività nel corpo dopo il trattamento: oltre la metà delle persone (51,8%) crede erroneamente che il trattamento possa rendere il paziente radioattivo per un certo periodo.

Solo il 52,2% delle persone pensa che dopo una seduta di radioterapia si possa mangiare normalmente, mentre percentuali più basse ritengono di poter continuare a lavorare (41,5%), guidare (35,5%), fare attività fisica (32,7%), o avere una vita sessuale normale (32,6%) senza restrizioni, indipendentemente dal distretto trattato.

La radioterapia di oggi è diversa

Eppure, la radioterapia di oggi à cambiata, è personalizzata e con cicli ridotti. Per dare un’idea del cambiamento, oggi mediamente le sedute sono 15, contro 25 di 10 anni fa e 35 di 30 anni fa, con netti vantaggi per la qualità di vita. Alcuni pazienti inoltre possono esser trattati anche con solo una o un massimo di 5 frazioni.

Per saperne di più ne parliamo con Andrea Filippi, Direttore della Struttura complessa radioterapia, Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, e professore associato di Radioterapia oncologica all’Università di Milano, Dipartimento di oncologia.

Professor Filippi, qual è il suo commento ai risultati del sondaggio?

“Li capisco, sono dubbi molto comuni che riscontriamo spesso quando parliamo con i pazienti. L’importante per noi è riuscire a comunicare meglio quale sia il ruolo della radioterapia oggi nella cura dei tumori (sullo stesso tema leggi anche l’articolo Radioterapia e farmaci), come funzioni davvero, e quali siano i vantaggi; e poi consiglio sempre ai pazienti di chiedere senza paura a noi specialisti, il dialogo è sempre il modo migliore per comprendersi ed è molto utile per poter procedere insieme nel percorso terapeutico”.

In cosa è diversa la radioterapia di oggi?

“La tecnologia ha permesso di mettere a punto macchinari all’avanguardia, con software che ci consentono di elaborare immagini in tempo reale, di individuare con eccellente precisione i tessuti da colpire e quelli da risparmiare. Questo rende la radioterapia molto meno tossica ed è più facile combinarla con altre strategie terapeutiche, chirurgia o farmaci, in un’ottica di terapie personalizzate. La ricerca sta delineando nuove combinazioni, come radioterapia e immunoterapia, anche nei pazienti metastatici, con risultati promettenti.

Questo approccio rappresenta un cambiamento epocale anche dal punto di vista del medico. La terapia infatti viene discussa e condivisa da un team multidisciplinare, può essere ripetuta nel tempo in diversi momenti e con farmaci differenti, vi è in generale un maggior duttilità di utilizzo. Inoltre l’impiego dell’intelligenza artificiale in questo campo porterà nuovi modelli di cura, una semi-automazione di alcune procedure, e speriamo sempre più effetti positivi”.

Quali sono i vantaggi maggiori?

“Siamo più precisi e sicuri che durante la seduta le cellule tumorali vengano colpite selettivamente, senza danneggiare i tessuti sani. Questo è il principale risultato dell’evoluzione tecnologica degli ultimi 20 anni. Ma la radioterapia è molto complessa, ed è ancora comprensibilmente circondata da una certa nebulosità, come abbiamo visto dal sondaggio. C’è ancora molto da fare nell’ambito della comunicazione e dell’informazione; un primo aspetto da mettere in luce è che così come non esiste un unico farmaco oncologico per tutti, non c’è un’unica radioterapia. Non esiste una sola tecnologia che cura tutti, una sorta di “macchina dei miracoli”, che è la migliore per tutti i tipi di pazienti e di malattie oncologiche.

Esistono diverse apparecchiature, differenti tra di loro, che rispondono ad esigenze cliniche eterogenee: alcune sono più adatte per alcune situazioni, alcune per altre. Queste scelte sono parte della nostra formazione specialistica e sono molto tecnico-cliniche. L’obiettivo è offrire ad ogni paziente il trattamento più indicato, per arrivare al migliore tasso di cura e al minimo di effetti collaterali. Ovviamente non è facile, e richiede un grande sforzo di coordinamento tra i medici e le Istituzioni sugli investimenti in alte tecnologie in campo oncologico. Su questo tema è anche importante il concetto di “Rete” di diversi Centri, per integrarci al meglio”.

Cinzia Testa

Giornalista scientifica dal 1992, specializzata in comunicazione della salute con particolare attenzione all'oncologia. Esperienza pluriennale in campagne informative e divulgazione scientifica. Vincitrice del premio Giovanni Maria Pace nel 2019 per il giornalismo in ambito oncologico.