Nella Giornata mondiale del volontariato facciamo il punto su un servizio fondamentale messo a dura prova dalla pandemia. La digitalizzazione e la capacità di fare rete sono i fattori determinanti per il futuro dell’attività.
Il 5 dicembre è la Giornata mondiale del volontariato, designata dalla Risoluzione 40/212 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 17 dicembre 1985. Una ricorrenza che fa riflettere su un’attività fondamentale per le associazioni come la nostra, con 582 volontari in servizio attivo, che purtroppo ha attraversato grandi difficoltà negli ultimi anni.
Le difficoltà durante la pandemia
Non si sono ancora sopite le riflessioni legate al primo bilancio del Censimento permanente delle Istituzioni non profit, realizzato da Istat fra marzo e novembre 2021. Un anno particolare, certo, che ha visto il mondo intero lottare contro il Sars-Cov 2. E che ha anche rappresentato una svolta in un certo senso, per quanto riguarda le modalità di rapportarsi agli altri. Su tutti i piani, compreso l’ambito del volontariato. Il bilancio ha evidenziato infatti un calo nel numero dei volontari, ma attenzione a fermarsi a una considerazione frettolosa. Perché è anche emerso un maggiore utilizzo di tecnologie digitali e un incremento nella capacità di “fare” rete.
I punti di forza per sopravvivere
Nel periodo del Covid tutte le associazioni sono state costrette a uno “stop”. Ed è qui che si è vista la differenza. Già, perché alcune ne hanno approfittato per cercare altre vie di comunicazione. Qualche esempio? L’organizzazione di webinar per informare gli associati su varie tematiche, attivare punti di ascolto via web, unire tra di loro le persone. O ancora, l’assistenza dei malati a domicilio, anziché in ospedale. Le associazioni che hanno continuato a “vivere”, anche se con modalità differenti, hanno messo in pratica quella capacità di adattamento che oggi si definisce resilienza. Vale a dire, hanno reagito modificando la loro organizzazione, dotandosi di tecnologie, per far fronte in poco tempo ai nuovi bisogni.
Il modello dei Paesi del nord
Il cambiamento dunque è in atto, ma la strada da percorrere è ancora lunga e richiede uno sforzo anche culturale. Bisognerebbe dare uno sguardo al di fuori delle nostre frontiere, e osservare l’approccio dei Paesi del Nord. Qui, il concetto di volontariato è legato al senso civico, all’appartenenza a una comunità, cosa che da noi non sempre avviene. Lo sforzo porterebbe a un cambio epocale, con un salto di qualità imponente. Si è visto infatti dall’esperienza di “quegli” anni, che quando le associazioni hanno unito le forze, mettendo insieme le risorse, le esperienze, con un obiettivo comune, è stato possibile dare vita a reti in grado di agire con maggiore efficacia e capillarmente. È in pratica il concetto di cittadinanza di comunità. La vera forza del volontariato.
Diventa volontario LILT
Sono gli occhi, le mani ma soprattutto il cuore dell’associazione. I volontari di LILT ogni giorno contribuiscono a tutte le attività di missione e collaborano concretamente alla lotta contro i tumori.
Il volontariato è un’esperienza aperta a tutti. Bastano tempo libero, un’età compresa tra i 18 e i 70 anni e la disponibilità a frequentare un corso di formazione. Entra nella squadra dei volontari LILT!