E’ l’esame cardine per la diagnosi precoce del tumore al seno perché permette di identificare anche le lesioni precancerose. Il direttore sanitario di LILT, Gianfranco Scaperrotta, spiega l’uso innovativo di questo importante strumento e come si evolverà la diagnosi grazie all’intelligenza artificiale
Oggi il tumore al seno può essere sconfitto in oltre 9 casi su dieci. Le ragioni? Non una, ma un mix. Di sicuro, gioca un ruolo importante la ricerca. Diagnosi sempre più precoci e conoscenze sempre più approfondite sulla malattia hanno portato allo sviluppo di tecniche chirurgiche man mano maggiormente raffinate e di farmaci oncologici innovativi. Ma non solo. È anche aumentata la consapevolezza tra le donne, grazie alle campagne di informazione e questo fa sì che il nodulo venga diagnosticato spesso in una fase iniziale, quando è più facile guarire. Tutto ciò però non è ancora sufficiente per dichiarare “vittoria” sul cancro al seno. Ad esempio, ci sono ancora casi che sfuggono alla mammografia, perché le lesioni sono molto piccole.
Per questo, ci sono ricercatori che si stanno concentrando sulle tecniche diagnostiche, come ci racconta Gianfranco Scaperrotta, Responsabile Radiologia senologica Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e Direttore sanitario degli Spazi LILT appena rientrato da importanti convegni internazionali.
Dottor Scaperrotta, la mammografia verrà sostituita da altre tecniche?
No, ci tengo a ribadire che la mammografia rimane l’esame cardine per una diagnosi precoce. Per questo, la ricerca sta investendo parecchio, con risultati che sono già nella pratica. Oggi abbiamo a disposizione apparecchiature di altissima definizione diagnostica, che sono in grado di identificare anche le lesione precancerose e ad alto rischio che ci permettono poi una concreta possibilità di guarigione del 100%. Mi riferisco, in particolare, ad immagini di elevatissimo dettaglio radiologico e alla tomosintesi, una mammografia a raggi X tridimensionale. Rispetto alla mammografia tradizionale in 2D, permette l’acquisizione di immagini del seno a differenti angolazioni, con successiva ricostruzione delle immagini stesse. Questo fa sì che ci sia una riduzione dei casi incerti e un minore ricorso a biopsie, che per fortuna si rivelano inutili, ma che nell’attesa generano forti stress nella donna. Ha infine il vantaggio di garantire una esposizione a bassissime dosi di raggi X da parte del tessuto ghiandolare mammario.
Ci sono altre innovazioni che riguardano la mammografia?
Oggi abbiamo la possibilità di eseguirla col mezzo di contrasto e si chiama CESM, Contrast Enhanced Spectral Mammography. È una tecnica che viene impiegata sempre di più nei percorsi diagnostici di secondo livello, con l’obiettivo di identificare lesioni dubbie, per ottenere informazioni sulla neo-angiogenesi del nodulo maligno, e nell’ambito delle valutazioni pre-operatorie. Viene utilizzata anche prima e al termine di un trattamento chemioterapico. L’esame richiede la somministrazione via endovena di un liquido di contrasto iodato e per questo va eseguito in ambiente ospedaliero.
E per quanto riguarda la risonanza magnetica?
È essenzialmente per donne ad alto rischio di malattia o con le mutazioni genetiche, che richiedono controlli ravvicinati ogni sei mesi, da alternare alla mammografia. Gli studi stanno dimostrando che potrebbe avere un suo ruolo anche nel caso di donne con tessuto mammario ad alta densità, ma ad oggi non ci sono risultati applicabili nella pratica quotidiana. Al momento dunque l’ecografia mammaria rimane l’esame-principe e routinaria in questi casi.
Non abbiamo parlato di intelligenza artificiale: è già una realtà?
Avrà un ruolo molto forte nel miglioramento delle diagnosi di tumore al seno, ma al momento è ancora in fase di studio. Di certo non sostituirà, ma affiancherà il radiologo. In pratica, i risultati della mammografia verranno analizzati con il supporto dell’intelligenza artificiale e questo ci permetterà di ridurre il rischio di falsi positivi e negativi e di conseguenza interventi chirurgici per patologie benigne.
Giornalista scientifica dal 1992, specializzata in comunicazione della salute con particolare attenzione all'oncologia. Esperienza pluriennale in campagne informative e divulgazione scientifica. Vincitrice del premio Giovanni Maria Pace nel 2019 per il giornalismo in ambito oncologico.