Violeta Popescu è la nostra ambasciatrice della salute nella comunità romena. Da sempre crea ponti tra culture, con il suo impegno nell’insegnamento e nella ricerca storica. Oggi porta con noi l’approccio interculturale anche nella cura della salute.
Attenzione agli altri e dialogo interculturale sono l’essenza di Violeta Popescu, nostra ambasciatrice della salute per la comunità romena. Sono 12 gli ambasciatori impegnati accanto a noi in Prevenzione Primaria per promuovere salute in 5 comunità straniere. Il progetto Salute senza frontiere per la prevenzione, gli stili di vita salutari e la diagnosi precoce per le comunità straniere è diventato un modello esportabile in altri contesti, su tutto il territorio nazionale. La sua efficacia è stata validata con Fondazione ISMU ed EngageMinds HUB.
A fare la differenza è l’approccio sartoriale: una modalità di lavoro personalizzata, su misura. Strategico è proprio il ruolo degli ambasciatori della salute.
In Italia da 18 anni, cittadina italiana, Violeta ha 51 anni e vive ad Arcore (Monza Brianza). Due lauree, in Storia e Filosofia e come assistente sociale, la sua passione per la ricerca storica l’ha portata a fondare il Centro culturale italo-romeno e una casa editrice con l’idea di creare un ponte tra culture. Per questo, quanto Violeta ha incrociato le nostre attività per le comunità straniere, si è subito sentita a casa. “La mia formazione è quella di docente: ho insegnato storia alle scuole superiori; gran parte della mia attività l’ho dedicata alla ricerca storica. Una passione che ho portato in Italia, promuovendo i rapporti culturali italo-romeni”. L’approccio interculturale nei rapporti di cura è anche l’aspetto di LILT che più l’ha colpita e portata a farne parte.
Da quanto tempo è impegnata con LILT. Perché questa scelta?
“Conosco LILT da anni. Alla Casa dei Diritti di Milano, dove anni fa tenevo un corso di lingua romena per italiani, c’erano incontri dedicati alla prevenzione. Mi sorpresero i volantini di presentazione con testi sia in romeno sia in altre lingue: un’apertura importante alle comunità straniere. Dopo la pandemia ho colto con interesse la proposta da parte di LILT di diventare ambasciatrice di salute per i miei connazionali. Non credo però di essere io ad aiutare LILT, ma il contrario. Ho avuto modo di riprendere dopo tanto tempo un’attività sociale e un’esperienza gratificante: aiutare le persone della mia comunità”.
Che cosa fa per LILT? Si sente utile?
“Il mio ruolo come ambasciatrice della salute nel programma Salute Senza Frontiere è solo una piccola goccia, un piccolissimo impegno che accoglie questa grande opportunità offerta alla comunità di cui faccio parte. Provo a rispondere con la stessa generosità, impegno e gratitudine per ciò che ci viene offerto.
“Con la pandemia da Covid-19 mi sono accorta quanto sia importante avere qualcuno vicino. Qualcuno che ti dia un consiglio giusto, che ti faccia conoscere una possibilità di cura o ti dia il coraggio necessario ad affrontare le paure. Il nostro ruolo penso sia quello di dialogare in modo sincero con le persone, ispirare la fiducia e diminuire l’ansia delle persone nei confronti delle malattie“.
Cosa le piace di LILT?
“Apprezzo tutta l’attività di LILT. Durante il corso di formazione che ho seguito per Salute Senza Frontiere, ho avuto modo di conoscere servizi e opportunità della prevenzione e mi sono resa conto di questa straordinaria dimensione del rapporto che LILT instaura con il paziente. Anche la possibilità di parlare nella lingua delle persone è molto importante: parlare di malattie è delicato. Farlo nella lingua del cuore aiuta”.
Le persone della sua comunità come hanno risposto?
“Dopo l’ingresso nell’UE, le cose sono molto cambiate per la comunità romena che vive in Italia. Stiamo parlando di una comunità ben inserita, radicata su tutto il territorio e laboriosa, che ha superato la fase di integrazione ed è ora molto più interessata e attenta allo stile di vita e alla salute. La chiesa ortodossa romena di Arcore è il luogo dove si organizzano gli incontri di prevenzione: un punto di riferimento per la nostra comunità, al di là del ruolo religioso, dove si svolgono molte attività culturali, sociali, di integrazione e dialogo. Alla mia generazione è mancata l’educazione sanitaria: ora quando parliamo di salute la gente si ferma e partecipa con interesse”.
Cosa le dà più gioia come ambasciatrice della salute?
“L’entusiasmo di continuare a mettermi in gioco e di poter condividere dei valori che ci permettono di mantenerci in salute, non solo fisicamente”.