Il peso in eccesso non solo è un fattore di rischio per il tumore, ma compromette pure l’efficacia delle terapie oncologiche. E’ quanto emerge dagli studi sull’effetto dei farmaci antitumorali nei pazienti in sovrappeso o obesi. Prezioso il ruolo dell’attività fisica, un tesoretto di sostanze antinfiammatorie.
I chili di troppo rappresentano uno dei fattori di rischio di ben 13 diversi tipi di tumore, come provano ormai molti lavori scientifici. Ma ora i ricercatori si stanno spingendo oltre e stanno indagando che cosa succede “dopo”, cioè se al momento della diagnosi il paziente è in sovrappeso o addirittura obeso.
È stato appurato che le cellule adipose possono in un certo senso mettere “i bastoni tra le ruote” alle terapie oncologiche e renderle meno efficaci. Un bel problema, che non si può e non si deve risolvere con rapidi dimagramenti, che produrrebbero esagerati stress a un organismo che è già impegnato su altri fronti, cioè il contrasto al tumore. I ricercatori stanno quindi valutando l’utilizzo di misure alternative al BMI, cioè l’indice di massa corporea. L’obiettivo, infatti, non è più quello di valutare se la persona è in sovrappeso oppure obesa secondo criteri standard, ma verificare la natura dell’adiposità. Oggi si sa infatti che le cellule adipose non sono inerti, ma hanno una loro attività endocrina e addirittura di regolazione immunitaria, che possono influenzare l’attività metabolica di tutto l’organismo. Dunque, anche l’efficacia delle terapie oncologiche, come ci racconta Elia Biganzoli, Epidemiologo molecolare dell’ Unità di statistica medica, bioinformatica ed epidemiologia, dell’Università degli Studi di Milano.
Professor Biganzoli, che cosa si sa sull’efficacia delle terapie oncologiche in caso di eccesso di peso?
Abbiamo recentemente pubblicato un lavoro su Journal of clinical oncology, che ha avuto come oggetto la terapia con i taxani. Sono molecole lipofile e per questo tendono a essere chimicamente più attratte dagli adipociti. Abbiamo visto quindi che il tessuto adiposo può fare in modo di limitare la biodisponibilità di questi farmaci, con una minore efficacia nella loro azione antitumorale. Altri lavori scientifici stanno invece esplorando l’attività dell’immunoterapia, sempre nel caso di pazienti in sovrappeso oppure obesi. Qui l’azione è diversa e c’è già un’ipotesi sulla quale si stanno concentrando i ricercatori. È noto, infatti, che il tessuto adiposo quando è in eccesso alimenta la formazione di uno stato di infiammazione cronica sistemica che altera l’attività del sistema immunitario modulando l’attività dei farmaci immunoterapici con risultati di efficacia differenti rispetto a quelli che si ottengono in pazienti normopeso.
Quali possono essere le soluzioni?
Ce ne sono molte allo studio. Innanzitutto, bisognerà valutare posologie di farmaco differenti, in base però non solo alla classificazione del peso come da BMI, ma a criteri di valutazione personalizzati. Si sta valutando anche il ruolo dell’assunzione prima di un intervento chirurgico di ketorolac, un farmaco ad azione antinfiammatoria. Qui gli studi si stanno susseguendo già da alcuni anni e riguardano le donne con tumore al seno over 50 dove si è visto che l’efficacia potenziale nel prevenire le recidive della malattia abbattendo lo stato infiammatorio successivo all’intervento chirurgico sarebbe maggiore in chi ha chili di troppo. Non è poco. Questo farebbe sì che il paziente obeso iniziasse il percorso terapeutico sulla stessa linea di partenza di chi non è obeso.
Un’altra soluzione, ma non per questo meno importante, è l’attività fisica che ha permesso alle donne di beneficiare per anni di un “tesoretto” di sostanze antinfiammatorie prodotte dall’organismo, a supporto delle terapie oncologiche e della prognosi.
Quali saranno i prossimi obiettivi della ricerca?
Sono necessari altri studi ampliandoli anche alle altre forme tumorali, ma la strada è spianata e speriamo in un futuro a breve che si arrivi a linee guida ad hoc per affrontare al meglio la malattia oncologica anche in chi è sovrappeso oppure obeso con l’aiuto di stili di vita personalizzati secondo la prospettiva della prevenzione di precisione.
Giornalista scientifica dal 1992, specializzata in comunicazione della salute con particolare attenzione all'oncologia. Esperienza pluriennale in campagne informative e divulgazione scientifica. Vincitrice del premio Giovanni Maria Pace nel 2019 per il giornalismo in ambito oncologico.