Come hai detto ai tuoi figli che iniziavi un periodo oncologico?
L’ho fatto utilizzando degli albi illustrati, in particolare due: “Mia mamma è un pirata” e “La pazienza dei sassi”. Ho utilizzato questo metodo perché i miei bambini hanno età differenti, tre e sei anni. Dalla diagnosi alle terapie ho avuto circa una settimana per prepararmi e preparare la mia famiglia a quello che stava per succedere, ma in realtà era del tutto sconosciuto anche a me.
Ho cercato sempre di essere autentica e sincera con loro, traducendo in base all’età quello che era giusto sapessero, perché tutti potessimo comprendere e accettare una realtà che stava cambiando, io, il papà e i nonni abbiamo sempre parlato ai bambini per rendere meno traumatico un periodo difficile come quello della malattia.
Come hanno reagito?
Mi guardavano fare la valigia per i ricoveri, ero cambiata, stavo male, ma loro non mi lasciavano sola quando ero a casa, mi aiutavano a preparare tutto il necessario, si preoccupavano avessi le mie caramelle. Non sono mai venuti con me, la pandemia ha chiuso le porte dell’ospedale ai familiari, ma io raccontavo tutto: medici, luoghi, infermiere e amiche, per loro erano astratti ma li vivevano attraverso me. È stata una grande fatica fare le terapie durante l’emergenza covid, cambiare città ed essere sola è stato impegnativo, sia per me che per la mia famiglia. I bambini aspettavano il mio ritorno, ma rientravo debilitata e sofferente. Con il tempo ci siamo organizzati, è stato un allenamento costante e coinvolgere i miei figli è stata la chiave per affrontare il tumore.
Essere mamma ha influito nel modo di affrontare la malattia?
Quando ho scoperto di essere malata ero sovrastata dalla paura, più come mamma che come Giulia, il mio terrore per la morte e per la malattia era amplificato dall’essere mamma. Mi sento e mi sentivo responsabile della serenità dei miei figli, sentivo di portargli dolore. La resilienza che è scattata dentro di me è legata ai miei figli, mi sono battuta per loro, perché si meritano di avere la loro mamma sana e
viva.
I tuoi figli fanno ancora domande o commenti legati a quel periodo?
Si, ne parliamo tanto, utilizzando sempre termini tecnici come radioterapia, chemioterapia, globuli bianchi e così via… Sono molto interessati, mi fanno tante domande. Proprio l’altro giorno mio figlio, che sta studiando il concetto di tempo a scuola, mi ha detto: “Mamma quest’anno è volato, ci siamo divertiti e abbiamo fatto tante cose, non come l’anno scorso che c’era la tua malattia, eravamo tristi e il
tempo è passato così lento”. Mi ha fatto capire che ancora oggi lui rivive e rielabora quei momenti, come me.
Un consiglio che vorresti dare alle mamme che si trovano nella tua stessa situazione?
Cercate di non negare la verità, questo è il mio consiglio spassionato, in ogni caso i bambini assorbono i nostri sentimenti, i nostri vissuti e li fanno loro, soprattutto quando si tratta di un legame con la mamma. Siate trasparenti, per quanto in questo caso ovviamente si parla di paura, di dolore, terrore, malattia e a volte anche morte. Mi sono ritrovata ad affrontare argomenti e tematiche che non avrei mai voluto affrontare ma, io penso, niente succede per caso, oggi dopo quasi due anni vedo nei miei figli il risultato del nostro percorso. In questo momento sono in remissione e sono certa che tutto quello che abbiamo vissuto, grazie anche a tutte le persone che hanno aiutato i miei figli, ha permesso ai miei bambini di avere qualcosa che riusciranno a spendere in positivo nella loro vita.
Questa festa della Mamma la dedichiamo a Giulia e a tutte le mamme invincibili come lei